Quant’è pericoloso il ‘fai da te’ in ambito business music… lo scrive il South China Morning Post

Dopo aver dedicato qui il giusto spazio alla lunga ed articolata indagine che il quotidiano britannico Guardian ha dedicato alla filiera della business music, riassumiamo volentieri un’analisi quasi altrettanto approfondita del South China Morning Post.

Richard Lord per questo articolo ha sentito diversi professionisti della consulenza musicale applicata agli spazi pubblici. Ognuno dà un contributo importante alla discussione. L’argomento sembra troppo sottile e sfuggente per siti e testate italiane, pure  per quelle di settore, ma all’estero se ne scrive e se ne parla molto.

Peter Day di Music Concierge sottolinea che trent’anni fa ad Oxford Street, il centro dello shopping londinese, quasi tutti gli shop proponevano musica da classifica “upbeat”, ovvero canzoni dal ritmo piuttosto veloce… In molti spazi commerciali, il sound è lo stesso ancora oggi, ed è strano perché oggi sappiamo che se proponi musica molto ritmata potenzialmente stimoli il cliente a guadagnare l’uscita…

Simon Pang Washford di Stattus, studio di consulenza musicale basato ad Hong Kong invece racconta che è più facile lavorare con i clienti che non hanno le idee chiare sul tipo di musica che vogliono diffonde. “La musica infatti tende a comunicare con il subconscio, a differenza dei visual”, spiega.

Un altro errore clamoroso, secondo quanto emerge in questo articolo, è quello di proporre musica che piaccia all’ “esperto musicale” che c’è in negozio o in azienda… Il rischio, davvero grave, è quello di dare priorità a propri gusti e non a cosa serve per il business… Passando solo per un attimo all’abbigliamento, i gusti personali non contano molto per ognuno di noi nel lavoro. Giorgio Armani non indossa mai camice e cravatte, ma i suoi marchi ne producono e ne vendono milioni.

Jef Cheah di Musicstyling, società di consulenza musicale che lavora soprattutto con hotel di lusso mette in chiaro che uno dei problemi fondamentali è la ripetizione delle canzoni e la freschezza delle playlist. Gli dà ragione Michael Groll, direttore food and beverage del Mandarin Oriental, uno dei clienti di Musicstyling. “Ci vorrebbe troppo tempo a selezionare musica in autonomia e quando non lo si riesce a fare, le tracce si ripetono e qualcuno si lamenta”, racconta.