“Rinascimento podcast”, le radio che parlano e i music provider

Spesso tra addetti ai lavori, sempre attenti a ciò che interesserebbe a loro e non la gente normale, si parla di rinascimento del podcast audio. Il settore, dicono, potrebbe dar lavoro a tanti giornalisti in difficoltà. Che il mondo di chi è in difficoltà si curi poco di chi non ce la fa, per gli addetti al settore, conta poco. L’importante è trovare un’altra semplice occupazione ‘intellettuale’.

Ovviamente i numeri di tutto questo rinascimento podcast, nell’era dello streaming, è tutta da capire. Audible, ad esempio, fa parte del colosso Amazon e bisogna capire quanti nel mondo e non negli USA (dove molti si abbonavano o si abbonano ancora a radio via satellite a pagamento) vogliano o vorranno pagare un abbonamento per audiolibri e podcast.

Anche perché le radio come Radio24 ormai propongono tutti i loro programmi in “podcast” sulle loro app, così che chi ascolta può godere all’ora che vuole dei propri programmi preferiti. Ovvero, chi lo desidera può ascoltare ogni puntata di ogni singolo programma on demand, senza dover scaricare niente.

Questo si, è uno scenario più probabile: ogni emittente radio diventerà meno musicale e più parlata (tanto la musica è tutta su servizi come Spotify), come sta facendo Deejay in Italia. Tramite app o altri servizi si ascolterà il proprio show preferito invece di affidarsi soltanto al flusso di news e show, che comunque resterà prevalente. Perché la radio la si ascolta per ‘essere aggiornati’ e sentire qualcuno ‘live’ o magari in differita di qualche minuto.

In uno scenario come quello attuale i music provider sono sempre più fondamentali. Perché le radio sono sempre meno musicali, perché il livello di aspettative di chi fruisce dei media è molto cresciuto negli ultimi anni, grazie ad operatori premium come Sky e show internazionali come X Factor o Masterchef. Chi riuscirà a creare paesaggi sonori unici attraverso la musica ha davanti a sé ottime prospettive. O almeno, molto migliori di chi non vuol cambiare lavoro e continuare a fare il giornalista come cinquant’anni fa.

Lorenzo Tiezzi