Come sa chiunque abbia un minimo di sale in zucca, il marketing è una delle parti più ipotetiche e ‘leggere’ dell’economia. E quest’ultima non è, purtroppo, una scienza esatta come la matematica, la medicina, la biologia o gran parte della fisica (ovviamente la fisica teorica non lo è)… Una testata dedicata al marketing chiamata ‘Journal of the Academy of Marketing Science’ o JAMS è senz’altro seria. Ma prima di prendere per oro colato un riassunto di un articolo su di essa, bisogna ricordare che tipo di rivista è. E’ una pubblicazione di settore dedicata a professori e teorici, accademici che sanno bene l’ovvio. Ovvero sanno che si tratta di teorie, di analisi e di ipotesi. Le certezze assolute, grazie a cui il fatturato sale se si seguono certe regole, sono un’altra cosa.
Faccio questa premessa perché JAMS ha recentemente pubblicato un interessante articolo dedicato al volume della musica d’ambiente segnalato poi da ANSA. Secondo Dipayan Biswas del Muma College of Business della University of South Florida, “i ristoranti e i supermercati possono utilizzare la musica d’ ambiente in modo strategico per influenzare il comportamento di acquisto dei consumatori”. Biswas, che si occupa di marketing sensoriale, ha condotto un breve esperimento in un singolo bar di Stoccolma: dopo aver diviso il menu in cibi o bevande sani, poco sani o neutri (caffè, the, etc), ha proposto la stessa musica a volumi diversi. Se il volume della musica era 55 decibel (un po’ più della pressione sonora di un ambiente domestico di giorno), i cibi ordinati erano il 20% più sani rispetto a quelli ordinati da chi ascoltava la stessa musica a 70 decibel (dai 60 decibel il volume comincia ad essere alto).
Va detto, e va detto con chiarezza, che un esperimento di questo tipo non è certo una indagine compiuta, che dovrebbe coinvolgere decine e decine di ristoranti e pure una equipe medica. E va pure detta un’altra cosa, già scritta qui su Soundscapes: secondo Zagat, super guida americana, il troppo rumore è la seconda causa di lamentele dei clienti dei ristoranti americani dopo il servizio.
Sempre qui, un sito in cui non si pretende di fare scienza ma solo dare spunti, abbiamo riportato una evidenza scientifica, più precisamente medica: “chi beve un cocktail in una discoteca piena di sonorità forti, è meno capace di percepirne il grado alcolico di chi beve lo stesso cocktail in un ambiente più silenzioso”.
Riassumendo, chi diffonde musica in uno spazio pubblico ad un volume troppo basso, con impianti audio inadeguati, non ottiene alcun effetto se non un ronzio di solito non fastidioso. Chi invece diffonde musica ad un volume troppo elevato rischia di fare veri danni al suo business, soprattutto se la musica non è il suo ‘business primario’, perché i suoi clienti non riescono appieno ad apprezzare la qualità della sua proposta (cibo, cocktail, design, il piacere di parlare con gli amici, un capo d’abbigliamento). Affermare però che alzando o abbassando il volume della stessa musica si riescano ad influenzare i gusti dei propri clienti appare invece una forzatura.
(Lorenzo Tiezzi)
La ricerca pubblicata da JAMS riportata da ANSA
http://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/cibo_e_salute/2018/05/24/hamburger-o-insalata-il-volume-della-musica-influisce-sulla-scelta_0ce5b03a-57e6-40b2-b209-63029be670c2.html
I ristoranti sono troppo rumorosi, da Soundscapes
https://soundscapes.it/2016/10/23/i-ristoranti-sono-troppo-rumorosi/