Mentre le label dance italiane rimpiangono i bei tempi in cui erano protagoniste del mercato grazie a progetti one shot e compilation (lo fa Pippo Landro in una bella intervista su AllaDiscoteca), lo streaming regna sovrano. E lo streaming, essendo completamente tracciabile come ogni attività online, genera dati. Secondo il futurologo Gerd Leonhard, questi dati sono il nuovo petrolio. E pure l’industria discografica, anche se non è così grossa e potente come altri settori, li cerca, per capire cosa funziona davvero, in tempo reale. E’ l’argomento di un bell’articolo scritto da Bas Grasmayer su SynchTalk, una risorsa davvero unica per chi lavora con la musica. Nei primi anni 2000 l’industria discografica cercava di tenere sotto controllo la pirateria, senza, nei fatti sapere come fare Furono proprio queste le parole di Doug Morris, allora CEO di Universal Music: “Non sappiamo come fare”.
La guerra contro la pirateria, oggi l’industria multimediale, la sta vincendo, anche se restano diverse battaglie da combattere con non pochi colossi che non pagano la musica che diffondono online (Souncloud, Facebook & Instagram, etc). Tutto questo accade mentre, ad esempio, soci AMP ed i loro clienti spendono e parecchio per fare lo stesso nel mondo reale. E’ stata infatti, quella delle Major, una vittoria tecnologica, più che strategica. Infatti, col passaggio dal download allo streaming, usare legalmente Netflix, YouTube o Spotify è diventato più comodo che perder tempo a scaricare file illegalmente col peer to peer.
Nell’articolo, Doug Morris specifica poi che i servizi in streaming legali hanno un punto di forza importante, ovvero si pagano con carte di credito o Paypal e soprattutto sono connessi ad un singolo consumatore di contenuti ed ai suoi social. Già diverse popstar & dj (tra gli altri Hardwell e Justin Bieber) utilizzano Facebook Messenger per campagne di marketing social tramite Bot, ovvero software.
In tutto questo, pensando a chi paga e non all’industria, dove va a finire la privacy? Bas Grasmayer utilizza, in inglese, l’aggettivo giusto, ovvero redudant. In Italiano si potrebbe tradurre non ridondante, ma di troppo, superflua.
(Lorenzo Tiezzi)
Projecting Trends: The Music Industry’s Quest for Consumer Data
http://blog.synchtank.com/projecting-trends-the-music-industrys-quest-for-consumer-data