Come mai, pur chiusi in casa, ascoltiamo meno musica in streaming e cuciniamo di piu’?

I numeri parlano chiaro e non mentono mai. Con le attuali restrizioni e l’impossibilità di uscire di avremmo tutto il tempo di ascoltare finalmente tutta la musica che vogliamo, ma nei fatti non lo stiamo facendo.

Partiamo dai numeri, poi proviamo a capire perché tutto questo accade.

Come scrive Ansa.it, secondo “Music Business Worldwide, l’ascolto settimanale delle 200 canzoni più popolari su Spotify è sceso a 95,4 milioni di riproduzioni nella settimana 7-13 marzo, rispetto, ai 109 milioni del periodo 28 febbraio-6 marzo, e ai 121 milioni del 21-27 febbraio. (Ansa.it scrive in realtà 21 – 27 marzo, ma si tratta ovviamente di un errore di battitura / traduzione)”.

Il calo non coinvolge solo l’Italia, ma pure gli USA. Secondo Rolling Stone, “nella settimana che va dal 13 al 19 marzo, quando ristoranti e bar hanno chiuso e un numero crescente di americani è rimasto in quarantena a casa, il numero di stream è calato del 7,6%, per un totale di 20,1 miliardi. Internet radio come Pandora sono scese del 9% (3,5 miliardi), gli stream on demand (audio e video) del 7,3% (16,6 miliardi). Cali di questa entità sono decisamente rari, ad eccezione della settimana dopo il Natale quando la gente torna ad ascoltare musica in quantità normale dopo l’abbuffata delle feste”.

Non solo, sempre secondo Rolling Stone, “è cambiato anche il tipo di musica che la gente ascolta. L’ascolto di canzoni nuove – ovvero uscite nelle ultime otto settimane – è diminuito del 14,5%, un calo doppio rispetto a quello che hanno fatto registrare le canzoni di catalogo, pubblicate 18 o più mesi fa. A farne la spesa sono le hit (…) Gli ascoltatori hanno ascoltato meno pop, rap, R&B e musica latina, generi che hanno registrato un calo superiore alla media. Hanno invece fatto registrare il segno più la musica classica (+1,5%), il folk (+2,9%), la musica per bambini (+3,8%).

La rassegna stampa sul tema, sempre cospicua quando si danno in pasto ai media numeri che sembrano facili da commentare, può concludersi con un articolo un po’ ragionato, scritto da Giovanni Ansaldo su Internazionale, che finalmente indaga un po’ sulle possibili cause del minore ascolto di musica in streaming in questo periodo di restrizioni. E prima fa paragoni interessanti, con le news.

“Secondo gli esperti statunitensi in questo momento le persone preferiscono guardare notizie in tv: tra il 13 e il 19 marzo gli ascolti della Cnn sono cresciuti del 119 per cento rispetto alla settimana precedente, quelli di Fox News del 60. Mentre lo streaming video – Netflix, Disney+, Apple Tv – nello stesso periodo è salito del 7 per cento. Si parla di un 10-12 per cento in più di nuovi abbonati per queste piattaforme”.

Se passiamo tutto il giorno a guardare le news, resta poco tempo per la musica, anche quella in streaming.

Tornando alla musica, “al momento inoltre la pandemia di covid-19 sembra aver fermato la pubblicazione di alcuni dischi che sarebbero stati in grado di alzare le statistiche (…).  C’è anche chi ha fatto il ragionamento inverso, come Childish Gambino e Drake, ma per il momento sembrano delle eccezioni”.

Viene pubblicata e quindi ascoltata poca musica nuova.

Emiliano Colasanti, giornalista e discografico, nell’articolo dice poi che è cresciuto l’utilizzo di videogame, che sono calate le occasioni d’ascolto collettivo per i ragazzi e che lui personalmente sta ascoltando di più musica su disco, tutte cose intelligenti. Anzi, fa addirittura sapere che sta vendendo più 45 giri della sua label, ma l’uscita del nuovo album di Colapesce è stata rimandata.

L’articolo di Ansaldo si chiude con una esortazione agli appassionati di musica a restare connessi alla propria passione e tra i motivi per cui lo streaming è in calo è che esso ha contagiato anche i social: ci sono decine e decine di artisti in streaming su Facebook e Instagram. Soprattutto in un paese come l’Italia, ancora piuttosto lontano dall’idea di pagare per ascoltare tutta la musica che vuoi spendendo appena 9.90 euro al mese, queste restrizioni segnano un passo indietro.

La musica dance, ad esempio, è tornata ad essere gratis, soprattutto su Facebook, diffusa in dirette d’ogni tipo.

Il punto poi è anche un altro.

Ascoltare musica, fosse anche solo la hit del momento, non è come rilassarsi con un videogame e ovviamente non ha la funzione fisica del porno online (anch’esso in crescita verticale).

Per ascoltare musica da soli, in streaming, c’è bisogno di tranquillità. C’è bisogno di essere totalmente presenti a se stessi. La musica serve anche per calmare la disperazione, certo, ma in quel caso viene diffusa a tutto volume, sui balconi e altrove.

Cucinare, a qualsiasi livello, rasserena. Dopo aver lavorato in cucina, facendo una cosa molto più facile che suonare uno strumento, è facile sentirsi soddisfatti. Un piatto di pasta ha una funzione più diretta di un pezzo di Chopin, anche se non si vive di solo pane.

Che la musica rassereni è poi un luogo comune. La musica e più in generale il suono, lo dice la storia, più che altro amplificano sentimenti e situazioni e accompagnano l’uomo da millenni. In battaglia, ai funerali, ai matrimoni (…). Le campane, con la loro musica, ancora oggi segnano le ore e un tempo servivano per segnalare tutte le feste e tutti i pericoli.

Se si può star certi che chi suona davvero uno strumento in questo periodo si regala emozioni, concentrarsi da ascoltatori per sentire con attenzione un album o un brano intero, da soli, in questa situazione, non è facile. Suonare, infatti, è un’attività anche fisica, mentre “semplicemente” ascoltare richiede uno sforzo di volontà decisamente maggiore… e la forza di volontà, la serenità, in questo periodo, non possono che scarseggiare.

Lorenzo Tiezzi

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