Alberto Bonisoli, ministro dei Beni Culturali e politico legato al Movimento Cinque Stelle, ha dato il suo parere riguardo alla proposta Morelli (Lega), che obbligherebbe le radio FM a programmare una canzone italiana in italiano ogni tre trasmesse. E’ un parere fortemente negativo, ovvero diverso da quello di Mogol, presidente SIAE e come tutti sappiamo pure autore dei testi di centinaia di grandi successi in italiano.
“La proposta di legge mi sembra anacronistica. A me ha ricordato il ventennio”, ha dichiarato a Radio 24. “Sembrerebbe che gli artisti italiani se cantano in italiano hanno bisogno della riserva indiana. Se noi vogliamo sostenere la musica italiana dobbiamo lavorare sugli spettacoli dal vivo. Oggi gli incassi non si fanno più sulle vendite ma sugli eventi. Andiamo a fare un lavoro serio sugli eventi e si vedrà che gli artisti italiani hanno tutta la possibilità di fare una vera e propria carriera guadagnando su quello”.
A questo punto, in una ridda di voci dissonanti, qui su Soundscapes facciamo un po’, solo un po’, di chiarezza. E’ legittimo avere pareri diversi, ma sarebbe bello basarli sui fatti e sulla conoscenza di essi, non su posizioni politiche ed interessi di fatti.
Ecco alcuni fatti:
- Come abbiamo già scritto più compiutamente qui, le radio italiane già oggi suonano più del 33% di musica italiana in italiano. Come dice il sito di FIMI (la Federazione dell’Industria Musicale Italiana) nel 2018 “ben 9 delle prime 10 posizioni (tra i dischi più venduti, calcolando fisico, digitale e streaming premium) appartengono infatti ad artisti nazionali”.
- Preoccupa o dovrebbe preoccupare parecchio un ministro che dice: “Oggi gli incassi (nel settore musica) non si fanno più sulle vendite ma sugli eventi”. Infatti è un’affermazione priva di senso. La si poteva fare a inizio anni 2000, prima dell’avvento dello streaming. Oggi le tre major (Sony, Universal, BMG) incassano nel mondo circa 800.000 dollari ogni ora grazie allo streaming. Nel 2018 hanno incassato complessivamente poco meno di 7 miliardi di dollari (dati Music Business Worldwide). L’industria globale della live music ha incassato nel 2017 più o meno il doppio (14.2 miliardi dollari), ma ovviamente gli incassi non sono tutto: i costi nello streaming sono quasi tutti a carico degli operatori (Google – YouTube, Spotify, Apple Music) e far uscire un disco oggi costa pochissimo. Invece chi anche oggi organizza un concerto ha rischi e costi alti. Anzi, i cachet delle star sono cresciuti e il costo delle tecnologie anche.
La proposta leghista e la risposta del Movimento Cinque Stelle sembrano entrambe inutili più che anacronistiche. Lo dicono i dati: le radio italiane sono strapiene di musica italiana in italiano. Soprattutto oggi che le radio FM sono soprattutto hit radio (RTL, RDS), radio di informazione (Radio24, Radio Uno) oppure radio in cui la quantità di parole supera ormai la musica (Radio Deejay), SIAE e chi dovrebbe promuovere il repertorio italiano potrebbe concentrarsi sul presente della musica, ad esempio lo streaming (Spotify, YouTube), non sulla radio. Siccome però le frequenze FM sono nazionali mentre il web è per sua natura mondiale e sovra nazionale, prepariamoci alla consueta “discussione”.
(Lorenzo Tiezzi)