Lega: in radio una canzone ogni tre deve essere in italiano… ma già oggi 9 successi musicali su 10 lo sono

“Almeno una canzone italiana su tre in radio: è questa la proposta avanzata dalla Lega che intende modificare i palinsesti musicali delle radio nazionali affinché ‘almeno un terzo della programmazione sia dedicata a musica italiana’. Primo firmatario della proposta è Alessandro Morelli, presidente della commissione Trasporti e telecomunicazioni della Camera e fino allo scorso anno direttore di Radio Padania”, racconta Sky Tg 24.

La proposta di legge non riguarda direttamente le instore radio che spesso raccontiamo qui su Soundscapes, sul blog dell’Associazione Italiana Music Provider. Ma è molto importante fare il punto su un settore che è davvero molto difficile regolare per legge senza creare scompensi.

Partiamo dai numeri. Sky Tg 24 nello stesso articolo prende probabilmente per corrette le informazioni fornite dal politico leghista e scrive che (in Francia) “dal 1994, con l’approvazione della legge Toubon sull’uso e la promozione della lingua francese in tutti i contesti, le radio transalpine sono obbligate a trasmettere musica francese per una quota pari almeno al 40% della programmazione giornaliera”, scrive. In realtà, viste le proteste del settore radiofonico, un settore come ovunque nel mondo in difficoltà per via dello streaming (Spotify, YouTube), in Francia la quota di canzoni in lingua francese è stata abbassata nel 2016 al 35%. Inoltre radio specializzate in musica di settore come Radio Latina sono obbligate a trasmettere solo il 15% di musica in francese. Lo scrive il Daily Telegraph, che riporta anche altri problemi: David Guetta e i Daft Punk, francesi, propongono canzoni in inglese, per cui sono “danneggiati” in patria.

Quali sarebbero i vantaggi linguistici se fossimo costretti ad ascoltare più musica in italiano alla radio è difficile dirlo. Bisognerebbe sentire decine e decine di linguisti, sociologi e sociologi della comunicazione e poi far loro affrontare studi e ricerche.

Mentre si decide, si potrebbe pure pensare alla conoscenza dell’inglese, che ovviamente viene sempre stimolata in chi ascolta musica in questa lingua. L’Italia è oggi appena 24esima su 32 paesi o regioni europee per competenza in questa lingua. Peggio di noi l’inglese lo parlano solo in Francia, Russia, Bielorussia e pochi altri paesi. Ci batte di poco pure la Spagna. (Dati EF). Ovviamente ogni paragone con Spagna e Francia è ridicolo, visto che in interi continenti (America Latina, Africa) spagnolo e francese sono lingue utili quanto e più dell’inglese. L’italiano viene compreso quasi solo in Italia.

Se davvero poi Alessandro Morelli e la Lega vogliono aiutare a “promuovere la musica italiana significa sostenere l’industria della cultura del nostro Paese e quindi le tante persone che ci lavorano” possono comunque stare tranquilli. La musica italiana in italiano non è mai stata così bene: come dice il sito di FIMI (la Federazione dell’Industria Musicale Italiana) nel 2018 “ben 9 delle prime 10 posizioni (tra i dischi più venduti, calcolando fisico, digitale e streaming premium) appartengono infatti ad artisti nazionali”.

A non essere all’altezza di Vasco, Jovanotti e Sanremo è invece la dance italiana, che da sempre si canta in inglese. Chiudendo con una battuta, visto che purtroppo da anni eredi di Gigi D’Agostino, Cappella, 49ers, Eiffel 65 (…) non se ne trovano, sarebbe utile una legge che obblighi le radio italiane a proporre musica dance prodotta in Italia. Magari in un un paio d’anni i dj italiani tornerebbero al numero uno nel Regno Unito, proprio come fece negli anni ’90 il compianto Robert Miles.

(Lorenzo Tiezzi)