Bar, ristoranti e boutique chic per la musica spesso usano il fai da te

Grazie a questo blog e ad una passione straripante, quotidiana e duratura per la musica, da tempo faccio caso al paesaggio sonoro degli spazi pubblici che frequento. Spesso capito in bar e negozi al di fuori dell’ora di punta, soprattutto fuori dalla città in cui vivo (Brescia), perché non ho un ufficio e per lavoro o per motivi personali mi sposto spesso.

Un paio di giorni fa ho prima lavorato bevendo un succo di frutta e poi pranzato parlando di lavoro in un bar / ristorante decisamente ‘modaiolo’ non distante da Piazza della Repubblica, a Milano, una zona piena di uffici e vicina a diversi hotel di lusso. Quand’ero da solo all’interno (ho poi pranzato fuori dimenticando la musica), Ho notato una colonna sonora con un briciolo di personalità, se non ricordo male vicina agli anni ’80, per poi accorgermi che la background music era scomparsa. Essendo vicino al bancone ho sentito un breve dialogo tra il gestore ed un cameriere sul fatto che forse era finita la playlist e che bisognava effettuare una qualche operazione per passare alla successiva. La musica, tra l’altro, all’interno di questo spazio si sente piuttosto bene, grazie ad un impianto di diffusione RCF di nuova concezione con tanti speaker disposti alla giusta distanza dalle orecchie degli ospiti.

Mi sono accorto di questo dialogo probabilmente perché qualche giorno dopo Ferragosto ho assistito alla stessa scena nel più storico e frequentato negozio di abbigliamento di Orbetello, una cittadina maremmana molto vivace d’estate e non solo per quel che riguarda lo shopping dei tanti toscani e romani in vacanza. Lo staff, anzi chi si occupa di incassare (il titolare o una persona di grande fiducia in un esercizio che non fa parte di una catena), tra un cliente e l’altro gestisce anche la musica, probabilmente per non pagare music provider, parte dei diritti di diffusione, disorganizzazione o altro.

Chi, anche tra i titolari più megalomani, avrebbe il coraggio di progettare da solo gli interni del suo ristorante? Chi, senza essere un vero elettricista, progetterebbe l’impianto luci del suo locale, del suo negozio? Chi monterebbe un impianto d’allarme senza avere le dovute competenze? Etc, etc.

Quando si arriva alla musica, invece, la professionalità dei music provider e la tranquillità che si ha quando si seguono tutte le regole dell’utilizzo di brani in spazi pubblici, sembrano ancora ancora riservate ai grandi player del mercato. Riassumendo, quando si tratta di luoghi non legati a catene, sia pure eccellenti, c’è ancora molto, moltissimo da fare per far si che in Italia cresca una vera cultura della musica d’uso, quella che va diffusa negli spazi pubblici.

(Lorenzo Tiezzi)