I numeri, a volte, parlano forte e chiaro. Nei primi 9 mesi del 2017 rispetto all’anno precedente Universal Music ha incassato il 40,8 in più per quel che riguarda i diritti derivanti dallo streaming. Nel 2017 la major sicuramente supererà i 2 miliardi di dollardi incassi derivanti solo dall’utilizzo di musica da siti come Spotify ed Apple Music. L’ipotesi più probabile è che raggiunga circa 2.2 miliardi di dollari
Non è l’unico dato positivo. Gli incassi complessivi derivanti dalla musica per Universal nei primi 9 mesi del 2017 sono stati $3.5 miliardi di dollari, con download e supporto fisico in forte calo. I ricavi di Universal Music Publishing Group nello stesso periodo sono cresciuti del 9.6%. Ed i ricavi complessivi del gruppo? Sono cresciuti di quasi l’11%, raggiungendo $4.4 miliardi di dollari. Chiudiamo con gli utili: Nei primi 9 mesi dell’anno sono $492 milioni, ovvero ben il 25.5% in più rispetto allo scorso anno.
In tutti questi numeri enormi, ciò che Universal ha incassato grazie alla business music può sembrare poco… ma è anche grazie al costante utilizzo di musica originale in spazi pubblici da parte di operatori come quelli che fanno parte di AMP che una major può continuare a crescere davvero, nel tempo. La radio non ha più quel potere assoluto che aveva un tempo, i dj sembrano più che altro promuovere se stessi e non musica qualità, YouTube si limita a diffondere tutto ciò che label e utenti pubblicano, per cui non è certo un talent scout 2.0.
Questo ruolo di rinnovamento e scoperta di nuove tendenze musicali è proprio quello di alcuni degli operatori e dei loro clienti (penso a ciò che tutti ascoltiamo in shop ‘di tendenza’). In spazi di diverso tipo, ad esempio nei supermercati, è ormai normale anche in Italia ascoltare un’ottima selezione pop. La selezione è spesso migliore di ciò che diffondono molte “hit” radio FM per loro calcoli commerciali / editoriali.
Riassumendo, sembrava impossibile solo pochi anni fa, ma il futuro della musica registrata sembra roseo. Non accade solo allo streaming a pagamento. Accade perché le case discografiche incassano non poco grazie ad ogni utilizzo della loro musica, anche quello della business music diffusa in spazi pubblici.
(LT)