Come sarà il futuro del music marketing? E cosa stanno facendo oggi i brand di moda, da sempre i primi a sfruttare il potere della musica per creare valore in un momento difficile come questo?
Come sottolinea un articolo uscito qualche settimana fa su Business & Fashion riportato nella sostanza anche da Pambianco News, durante la pandemia i fashion brand stanno creando un bel po’ di playlist, soprattutto su Spotify, per interagire a livello musicale con i propri clienti e con tutto il mondo. Tra i tanti, ecco i profili ufficiali di, Dsquared2, Alexander McQueen, Fendi, Gucci, Marc Jacobs, Msgm, Prada, Armani (…). Alcuni brand hanno pochissimi follower: in questo momento Dsquared2 su Spotify ad esempio ne ha solo 162, mentre Gucci su Spotify ne conta un po’ meno di 4.000.
Anche Louis Vuitton ha deciso di creare una playlist su Spotify e di segnalare la cosa sul suo magazine online anche in italia. Il brand da tempo vende anche online, mentre la distribuzione fisica avviene solo attraverso le boutique del marchio. Mentre scrivo, i follower della playlist, sono oltre 4.000. Da sempre Vuitton punta sul lusso, sulla qualità e non sulla musica. Sulla qualità e varietà musicale non si può discutere, visto che il selezionatore Virgil Abloh parte con John Coltrane, poi passa a Miles Davis, Dj Shadow, Beastie Boys e Jazzanova.
Non c’è da stupirsi che il processo di ‘sonorizzazione’ dell’universo personale, quello che inizia quando il cliente esce dal negozio (sempre che ci sia entrato) si velocizzi durante il lockdown che stiamo vivendo. C’è più tempo per pensare al digitale e c’è, soprattutto la necessità di innovare nel rapporto con i consumatori.
Il punto è poi che il mondo in cui viviamo è già prevalentemente digitale da tempo. E ovviamente, curare la business music dei propri punti vendita e organizzare splendide sfilate che diventano show multimediali non basta più. Più che di crisi del retail e del formato “fashion show”, una crisi ben antecedente al Covid-19 tra l’altro, è logico occuparsi anche d’altro: il negozio fisico, lo spot tv o radiofonico o il sito web del brand sono infatti solo alcuni dei “luoghi” (fisici e non) in cui un brand deve curare la propria presenza.
Tra i brand automobilistici più vicini all’universo giovanile e al mondo fashion c’è senz’altro MINI, le cui playlist su Spotify in Italia sono curate con ottimi risultati numerici (diverse centinaia di iscritti per quattro diverse playlist) da Meet Music. Il sound di ogni playlist è diverso, sempre giovanile. Ad esempio, mentre scrivo, la playlist chiamata Safe and Sound in the traffic inizia con Achille Lauro più romantico (quello di 16 marzo), continua con Adele, gli Air, i Coldplay… mentre la playlist MINI Challenge è decisamente più scatenata (Apollo 440, Basement Jaxx, Fatboy Slim, Foo Fighters).
Come quasi sempre nel marketing e nel business, il ‘vecchio’, ovvero la cura spasmodica dell’ambiente musicale dei propri spazi fisici, multimediali ed eventi (negozi, flagship store, sfilate, advertising, etc) non può riflettersi in una cura analoga in tutto ciò che riguarda direttamente e personalmente il cliente a livello musicale, ovvero la musica che ognuno sceglie di ascoltarsi sul suo telefonino o in casa.
E come sempre sono i dettagli che contano. Gucci, a differenza di troppi altri, racconta. Su Spotify, come su Instagram, celebra il suo designer Alessandro Michele e scrive che le tracce della playlist Epilogue rappresentano l’identità sonora dell’omonima collezione. La musica rende più personale il rapporto con il cliente, mentre racconta i gusti e la personalità di chi nei fatti crea ogni giorno ciò che il brand è.
E senz’altro, se forse una playlist può essere curata in prima persona da un designer di moda (e non di musica) come Michele, la selezione musicale di ciò che viene diffuso nei negozi Gucci nel mondo non può che venire affidata a chi fa il music designer per mestiere. I gusti e la cultura musicale di Alessandro Michele non possono che essere il punto di partenza per creare poi un contenuto musicale di qualità assoluta, che davvero serva a Gucci.
(Lorenzo Tiezzi)