Spotify ha comunicato che a fine 2019 i suoi abbonati premium hanno raggiunto i 124 milioni, ben 11 milioni in più rispetto allo scorso settembre. Nel 2019 gli abbonati premium sono cresciuti del 29%.
A livello globale gli abbonato che utilizzano il servizio anche nella versione gratuita sono ben 271 milioni.
Nonostante questi numeri, Spotify non guadagna, anzi perde parecchio. Nell’ultimo trimestre del 2019 ha perso 77 milioni di euro, 73 complessivamente nel 2019.
Questa perdurante crisi finanziare non è poi così sorprendente, visto che ogni abbonamento premium, ovvero pagante, spende mediamente 4.65 euro al mese, non molto.
In realtà anche chi scrive più o meno spende quella cifra, visto che ho un abbonamento family che condivido con tre membri della mia famiglia e che costa 15 euro al mese.
Wall Street non sta infatti premiando in questo periodo Spotify, che ha perso il 4% in un solo giorno all’inizio di febbraio 2020 quando ha comunicato i dati finanziari dello scorso anno.
Cosa farà Daniel Ek, il CEO di Spotify? Visto che la musica sta dimostrando di non essere abbastanza, vuol far si che il sistema diventi la piattaforma audio numero uno al mondo con podcast e dintorni.
In realtà, forse, questa battaglia è ancora più difficile da combattere, visto che i podcast e i contenuti audio dei diversi produttori (radio, magazine, etc), raramente vengono distribuiti solo tramite Spotify o altre piattaforme analoghe.
Perché poi ascoltare un podcast a pagamento su Spotify, se si è in cerca di news, quando si può ascoltare live la BBC tramite la app?
Il podcast viene spinto con grande decisione da Spotify come potenziale contenitore pubblicitario, anzi come principale strategia per il futuro.
Resta però difficile immaginare un presente ed un futuro in cui questo tipo di contenuto non venga utilizzato soprattutto da ascoltatori adulti o anziani. I ragazzi se ne stanno su YouTube o su Tik Tok, dove i contenuti sono brevi e ricchi di intrattenimento, decisamente alternativi alle news.
Se Spotify ed i suoi competitor vogliono davvero allargare lo spettro dei loro servizi devono probabilmente ripensare completamente i contenuti audio, cosa che in un modo così ricco di “cose da fare online” non è affatto facile.
Lorenzo Tiezzi