ICMP, l’organismo internazionale con sede a Bruxelles che rappresenta in sede europea gli editori musicali e i loro aventi diritto, ha reso noto che AudioJungle, sarebbe sotto indagine internazionale per problemi di copyright. Secondo ICMP, su Audiojungle, portale specializzato in musica royalty free a basso costo, sarebbero presenti moltissimi brani “ri-titolati”, quindi non di proprietà degli artisti che dichiarano di esserlo, ma di terzi inconsapevoli.
Per approfondire l’argomento, abbiamo chiesto a Pietro Giola, presidente di Machiavelli Music e membro del direttivo della Federazione Editori Musicali un parere sulla vicenda.
Pietro, come si colloca questa news nel panorama delle problematiche dell’utilizzo di musiche per finalità professionali?
“Trovare la musica giusta per sonorizzare uno spot, un documentario o un video aziendale? Facile, basta andare online e con 20 o 30 dollari ti risolvi il problema…
Beh diciamo che non è proprio così. Nel corso degli ultimi anni sono nati come i funghi marketplace che mettono direttamente in contatto proprietari dei diritti di brani musicali (musicisti, producer, editori) e utilizzatori finali (video maker, case di produzione video, agenzie pubblicitarie…), per rispondere all’esigenza di avere musica “pronta all’uso” per coprire tutte le esigenze di comunicazione con decine di migliaia di brani di ogni stile e genere a disposizione…
Su moltissimi di questi siti, per pochi dollari, si possono quindi scaricare brani musicali che vengono concessi in utilizzo “con tutti i diritti”, dove la parola “tutti”, come vedremo, è spesso aleatoria visto che per concedere dei diritti di utilizzo bisognerebbe quantomeno possederli“.
In effetti sembra proprio strano riuscire a pagare un abbonamento mensile di meno di 20 dollari per avere accesso a più di 10.000 brani per fare qualsiasi produzione a livello mondiale…
“O i musicisti che hanno caricato i brani su questi portali sono tutti San Francesco oppure c’è qualcosa sotto. E qualcosa sotto c’è. Tutti lo sanno da anni ma il “porto sicuro” della rete ha fino ad oggi consentito di mascherare i problemi ed i reali rischi per gli utilizzatori finali”.
Più precisamente, in cosa consiste il grave problema che riguarda Audiojungle?
“In pratica, ‘ri-titolando’ i brani, numerosi intestatari di account Audiojungle avrebbero commesso una irregolarità davvero grave: ovvero avrebbero rubato migliaia di brani di terzi per caricarli sul portale con titoli diversi, attribuendosene la proprietà, senza che Audiojungle sia intervenuta nella verifica dei contenuti. In questo modo i creatori di quella musica non stanno incassando niente da musica effettivamente prodotta da loro. Ma, soprattutto, chi sta utilizzando quei brani pensando di farlo in modo legale dopo aver pagato quanto richiesto, sta in realtà utilizzando brani senza autorizzazione e quindi senza diritti, rischiando così di trovarsi a doverne rispondere direttamente.
Audiojungle infatti si dichiara “non responsabile” in quanto semplice piattaforma informatica che mette in connessione domanda ed offerta e sostiene che, se qualcuno ha caricato materiale di terzi in maniera fraudolenta, debba risponderne direttamente agli aventi diritto senza che Audiojungle possa essere considerato corresponsabile.
E’ la stessa tesi che You Tube ha sostenuto fino a ieri: se qualcuno carica materiale non autorizzato, le eventuali dispute e problemi sui diritti devono essere gestiti fra le parti senza che YT ne possa essere coinvolta o possa esserne ritenuta corresponsabile. La recente approvazione della direttiva europea speriamo metta fine a questo ‘teatrino’ che fino ad oggi ha fruttato miliardi di dollari nelle casse di YT ovvero di Google. YT infatti sarà ritenuto co-responsabile per tutto quello che viene caricato dagli utenti e dovrà dotarsi di adeguati sistemi per certificare la proprietà dei diritti dei contenuti caricati e impedire così utilizzi fraudolenti.
Audiojungle è un esempio isolato o esiste un problema più generalizzato?
“Di siti come Audiojungle, purtroppo, al mondo ne esistono a bizzeffe e i problemi si stanno moltiplicando anche per la diffusione di tecnologie di controllo automatizzato che consentono di identificare un brano attraverso la forma d’onda (vedi Shazam) con conseguenti e credenti dispute su contenuti musicali identici ma con titoli diversi.
E’ infine da sottolineare come molte di queste piattaforme online, oltre al mancato controllo sui contenuti, sono anche molto approssimative a livello amministrativo, rilasciando contratti e liberatorie di utilizzo incomplete o imprecise, che non tutelano per niente l’acquirente.
Il fascino del basso prezzo a tutti i costi rischia di costare molto caro a chi ha preferito optare per scelte super low-cost rispetto a scegliere compositori ai quali affidare la creazione di colonne sonore ad hoc oppure di editori o music agency specializzati (ad esempio gli editori di production music), consolidati e “certificati” in grado di garantire in prima persona professionalità e la titolarità dei diritti concessi”.