Alexa, podcast e algoritmi: la playlist perfetta sarà “umana” anche tra cinquant’anni?

Che fine hanno fatto i mitici Google Glasses, che avrebbero cambiato il nostro modo di guardare la realtà? E le video chiamate dei videofonini H3G, tecnologia che avrebbe dovuto differenziare questa azienda dalle altre nell’ambito della telefonia? Alla fine ha vinto WhatsApp, una tecnologia veloce e “lo fi”, che ci fa scambiare file velocemente e funziona da vecchia segreteria telefonica  E le auto a guida autonoma, che stavano arrivando velocemente, quando si mescoleranno davvero a noi “normali” guidatori? E i visori per realtà virtuale promossi soprattutto da Samsung, se ricordo bene, quanti ce ne sono nel mondo? Sono davvero diventati una modalità comune di giocare, lavorare, etc?

Il futuro della tecnologia, come sarà?

Il futuro della tecnologia è davvero difficile da prevedere e tutti coloro che sono certi una costante e sempre crescente interazione vocale tra uomo e tecnologia (e viceversa) sembrano in questo periodo troppo sicuri di sé. Oppure, giustamente, promuovono le loro tecnologie. Vado oltre. La tecnologia touch screen è sempre più diffusa. Ma come mai quando si deve pilotare un aereo, scrivere tanto, fare una foto professionale o suonare uno strumento musicale, si ha bisogno di tasti? Perché abbiamo una sola voce, due mani e due piedi e 10 dita capaci di fare tante cose insieme. E quindi è sicuro: la tecnologia touch screen, in tempi brevi, verrà utilizzata nei supporti professionali con tasti e joystick, anche se l’industria spinge forte in questa direzione: i tasti costano meno degli schermi e chissà perché sono meno “cool”.

Alexa & dintorni

Alexa e i suoi competitor, in Italia oggi “piacciono molto alla gente che piace” (come la mitica Y 10, una delle auto meglio comunicate della storia industriale italiana). La novità è divertente, ma non credo siano pochi quelli come il sottoscritto, che dopo aver parlato un paio di volte con Alexa, usano lo speaker per diffondere le proprie playlist radio (per ascoltare Radio24, Deejay o la BBC). Il bisogno social di interagire con Alexa e la propria lavatrice per farla partire in anticipo o in ritardo ci sarà pure, ma non è certo una di quelle cose che ci ha cambiato la vita.

Ci sono aziende che stanno “dando voce” ai media, perché senz’altro qualcuno, chissà poi quanti in percentuali, già oggi ha voglia di ascoltarsi gli articoli di questa o quella testata invece di leggerseli. Ma il boom degli audiobook in Italia da quanto dovrebbe arrivare? . Forse che piacciano e piaceranno soprattutto negli USA o in altri paesi in cui si passano ogni giorno lunghe, lunghissime ore in coda in auto o sui mezzi pubblici, oppure facendo sport da soli?  Di certe e importanti differenze sociali, di comportamento, si dovrebbe tener conto quando si prevede il futuro prossimo.

Playlist e bisogni musicali

Ricordate gli esordi di siti come Spotify ed Apple Music? Finalmente, si diceva, ognuno potrà ascoltare “tutta la musica che vuole“.

Ma nessuno di noi, compreso chi scrive, laureato in musica, sa davvero soddisfare da solo i propri bisogni musicali (che poi, si sa, spesso sono sogni, o almeno voglie).

La playlist curation, ovvero la cura assoluta per la selezione musicale, per chi ascolta musica in streaming da solo, oppure la fa ascoltare in spazi pubblici come gli operatori di AMP (Associazione Music Provider, l’editore di questo blog), oggi e domani, è e sarà essenziale.  Anzi, in un mondo in cui la tecnologia davvero rende facile ed ascoltare musica, quasi tutta la musica, sarà la qualità della selezione a fare la differenza, oltre che il costo dei diritti, se parliamo di diffusione.

Chiaramente, siccome questo tipo di skill non riguarda né l’industria musicale né i produttori di tecnologia e neppure, se parliamo di specificità assoluta, i grandi player dello streaming, che lavorano per la massa e per i gusti musicali “di base” automatizzando la ricerca delle nostre supposte preferenze… se ne parla poco. Anzi non se parla affatto.

Selezionare musica sarà sempre un lavoro umano?

Ma la realtà resta e si farà sentire: selezionare in modo perfetto la musica giusta per un evento, per un brand, per una catena, per un ristorante sarà un lavoro vero, fatto da persone e non da macchine, anche tra cinquant’anni. 

Da quanto si potrebbero far disegnare loghi ai computer in totale autonomia? Le macchine fanno molto, ma alla fine il gusto, quando si investono diversi soldi, quando da una campagna pubblicitaria dipende una azienda, la scelta è totalmente umana. Difficile prevedere che per la musica sarà molto diverso.

Podcast revolution?

Chiudiamo con i podcast, che sembravano morti e che sono tornati alla ribalta da qualche tempo. Anche questi, come Alexa e dintorni, “piacciono molto alla gente che piace”, a chi capisce le battute dei comici americani senza sottotitoli e ha voglia di aggiornare soprattutto professionalmente senza dover leggere. Piacciono molto a chi ha poco tempo, chissà perché, perché lavora tanto (troppo?) e deve far presto. Ma alla fermata del bus, in pizzeria, in palestra fuori da Milano e fuori dal giro di moda, editoria e design, quanti in Italia oggi ascoltano podcast diversi da quelli dei programmi radio? Quanti ragazzi stanno mollando YouTube (video) per seguire qualche podcast (che sono soprattutto audio)? Si dimentica che negli USA c’erano e ci sono le radio via satellite

Chiaramente il futuro è un’ipotesi, un’ipotesi molto vaga ed è dannatamente difficile da prevedere. E’ molto probabile che molte delle modalità di utilizzo della tecnologia che abbiamo oggi si sovrapporranno alle novità. Come è difficile dirlo con esattezza. Più che una rivoluzione, avremo probabilmente una continua evoluzione verso la complessità.

(Lorenzo Tiezzi)