Direttiva europea sul Copyright, report IFPI, musica in crescita (…): ma chi dà voce a chi utilizza la musica?

La recente approvazione della direttiva europea sul copyright, nei fatti, non sta cambiando proprio nulla sul web. Si tratta, come poche volte i media hanno sottolineato, semplicemente di una direttiva, ovvero di un indirizzo che la EU dà agli stati membri. Saranno i singoli stati a dover legiferare in merito, entro il 2021.

E cosa farà l’Italia? Il governo (Lega, M5S) è perplesso, perché questa direttiva limiterebbe la libertà sul web. L’opposizione, invece, come succede quasi sempre in Italia, paese mai e poi mai unito, è decisamente favorevole. Maria Stella Gelmini (Forza Italia) su Twitter scrive: “il Parlamento Ue approva la riforma sul copyright che difende la creatività, l’ingegno e molti posti di lavoro”.

Soundscapes, blog nato dall’Associazione Italiana Music Provider, si limita invece a far notare l’ovvio. Chi utilizza musica offline, nel mondo reale, deve sottostare a regole precise: se si vuole usare musica per scopi professionali si deve pagare un prezzo equo per poterlo fare.

Nel mondo del retail ad esempio, pagare come utilizzatori quanto dovuto a SIAE e SCF è ormai la prassi, ma sul web il valore della musica rimane ancora veramente esiguo. I colossi del web (Google / YouTube / Facebook / Instagram) sono pieni di musica su cui si paga poco e niente, ad esempio nelle dirette Facebook e Instagram, piene zeppe di musica… Se si esclude lo streaming a pagamento, l’industria musicale dal web incassa ancora troppo poco e la Direttiva appena approvata va anche nel senso di valorizzare maggiormente i contenuti musicali e al contempo riconoscere maggiori compensi agli artisti e ai compositori.

Entrando un po’ più nel dettaglio, quali sono gli incass dell’industria musicale? Music Business Worldwide ha fatto un riassunto per titoli del recente report di IFPI che traduciamo qui, visto che sembra essere conciso ed efficace.

1) Gli incassi derivanti dall’utilizzo di musica registrata crescono – soprattutto grazie allo streaming a pagamento (Spotify, Apple Music non YouTube)

2) L’industria musicale è davvero globale

3) I mercati con alto potenziale sono la chiave della storia della recente crescita del mercato

4) Le case discografiche continuano ad investire nei loro artisti, nel loro business e nei loro professionisti

5) L’industria deve continuare a mobilitarsi per far si che la musica abbia un reale valore

Ovviamente, MBW dà voce all’industria musicale, non certo agli artisti, che si lamentano molto del poco che per ora incasserebbero dallo streaming, e neppure di chi come AMP utilizza musica “off line” né, infine, a chi comunque qualcosa paga qualcosa per usare la musica online online (Google, Facebook, Spotify, Apple)…

Se il mercato musicale è ovviamente in crescita, la situazione è oggettivamente confusa, un dato è purtroppo chiaro.

Se colossi come le major musicali e giganti come Google, Facebook, Spotify o Apple sanno sempre come far sentire la propria voce ed il proprio strapotere economico, chi è che dà voce ai “piccoli” utilizzatori come i soci di AMP?

I governi e le legislazioni nazionali o europee stanno svolgendo bene il compito loro assegnato?

(Lorenzo Tiezzi)

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