Mercato discografico: le label indipendenti crescono… e gli artisti senza label pure

WIN (Worldwide Indipendent Network) ha appena pubblicato in collaborazione con Midia Research un interessante report sul contributo economico della discografia indipendente all’economia e alla cultura. In Italia WIN è rappresentata da AudioCoop.

Un report di questo tipo, ovviamente, visto chi è che l’ha commissionato e quindi pagato, non potrà che dire che le major sono un po’ in crisi mentre la musica indipendente in qualche modo cresce. 

Per fortuna però ci sono i numeri e ognuno può valutarli con la propria testa. Eccone qualcuno: le label indipendenti gestiscono ormai il 39.9% del mercato globale della musica, alle major resta solo poco più del 60%. Nel 2016 le major avevano l’1,5% in più del mercato. Non c’è un crollo verticale, ma la tendenza è questa. Anche perché ci sono altri numeri.

Le label indipendenti, finalmente, incassano pure loro un bel po’ dallo streaming, ed il 77% degli artisti che hanno rinnovato i loro contratti discografici hanno scelto di farlo con label indipendenti. Questo, che sembrerebbe un dato positivo, forse non lo è così tanto per il settore musicale nel suo complesso. Infatti nei fatti dice che gli artisti, quando diventano star, mandano a quel paese chi li ha lanciati per guadagnare di più. In Italia il 30% degli artisti che contano qualcosa sono sotto contratto con label indipendenti, il 70% con le major. Nel mondo la percentuale è 40% vs 60%.

Il penultimo numero che riportiamo qui prima di lasciarvi, se volete, alla lettura integrale del report: le label indipendenti sono crescite dell’11.3% rispetto ad una crescita del 10.2% del mercato discografico globale, ovvero hanno avuto una performance migliore…

L’ultima cifra, forse la più significativa dell’intero report, nonostante l’abbia commissionato una associazione di label, è quello che riguarda gli artisti privi di label che gestiscono direttamente i loro rapporti con gli operatori dello streaming musicale. Il valore complessivo della musica proposta da questi artisti per il 2017 è di 101 milioni di euro.

Un’inezia? Se gli operatori di streaming continueranno ad operare in modo così coeso e se lo streaming continuerà ad essere così efficiente, ci sarà bisogno di avere una label solo per gestire eventuali utilizzo del brano ‘offline’. Ad esempio in uno spot o in nella playlist diffusa in uno shop e curata da uno dei soci di AMP.

(Lorenzo Tiezzi)