Radio fm e programmi tv in uno spazio pubblico? Nel 2018 stonano… e diffondere Spotify è sempre illegale

Gli spot di una radio o di una tv musicale in uno spazio pubblico oggi, nel 2018, sono un vero fastidio. Chi studia i media e la sociologia sa che tutto cambia. Ciò che poteva essere piacevole vent’anni fa, oggi viene appena tollerato.

Nel 2018  forse può essere piacevole informarsi di ciò che succede nel mondo al bar di quartiere, al mattino, con le news di radio o tv. Oppure può essere un servizio trasmettere a pranzo, in una trattoria o in un ristorante ‘easy’ da pausa lavoro, il tg di mezza giornata. Forse una radio fm particolare (rock, indie, hip hop) potrebbe essere la scelta giusta  per un negozio con un target preciso. Che so, un negozio di skateboard e tavole da surf che trasmetta Virgin Radio o Radio Freccia potrebbe forse far bene. Ma si tratta di eccezioni.

Chi sceglie di diffondere radio e tv nel suo locale, nel suo negozio o nella sua palestra (etc), ancora oggi, nel 2018, con decenni & decenni di marketing alle spalle, lo fa per risparmiare. C’è ancora qualcuno che pensa che la musica in qualche modo possa essere gratis. In realtà, come ormai dovrebbe sapere chiunque gestisca uno spazio (negozio, ristorante, galleria d’arte etc), i diritti di diffusione della musica a SIAE ed SCF vanno pagati comunque, anche quando semplicemente si trasmettono programmi tv o radiofonici. Il “risparmio” riguarda il costo del servizio di  music provider che selezioni per lui musica o video oppure entrambi adatti ad un specifico spazio.

Riassumendo, chi diffonde le news e la musica di Deejay TV, RTL 102.5 o altre emittenti del suo spazio, non può che trasmettere anche gli spot di queste emittenti. Nei fatti, sceglie di ‘vendere’ le orecchie dei suoi clienti a chi gli fornisce un servizio media “gratis”. Il costo del servizio, per certi altissimo, è appunto far ascoltare ai propri clienti spot di prodotti / servizi spesso concorrenti a quelli venduti in quello spazio.

Già che ci siamo, anche se non dovrebbe essercene bisogno, ricordiamo che invece non è mai, in nessun caso, possibile diffondere Spotify Premium o Spotify Free (la versione ‘base’ con gli spot) in uno spazio pubblico. C’è scritto chiaramente nelle condizioni d’uso del servizio, dedicato esclusivamente all’ascolto personale o casalingo. Se è possibile trasmettere un canale Rai o Mediaset oppure in certi casi Sky (usufruendo però del servizio a costi maggiori dedicato agli spazi pubblici, non semplicemente pagando SIAE ed SCF ed un decoder casalingo), non è mai, in nessun caso far ascoltare ai propri clienti musica tramite Spotify.

Le opzioni a disposizione per chi creda che nel 2018 sia assolutamente necessario curare anche il paesaggio sonoro del proprio spazio sono tante ed ormai chiare. Chi oggi sceglie di disegnare l’insegna del proprio spazio commerciale senza una vera passione / competenza per la grafica? Chi compra da sé luci e lampade senza essersi mai occupato di illuminazione di spazi e prodotti? Siamo proprio certi che la business music che sonorizza uno spazio sia meno importante degli scaffali su cui mettere i prodotti? Siamo certi che un suono valga l’altro?

Se così fosse, le decine di soci di AMP (Associazione Music Provider) sarebbero tutti senza lavoro. Invece ognuno di loro ha metodi di lavoro e servizi un po’ diversi, proprio come capita ad elettricisti, grafici e fornitori d’ogni tipo. Chi vuol far crescere il proprio spazio ed il proprio “brand”, raramente lo può regalare agli spot ed ai clienti altrui.

Lorenzo Tiezzi