Grazie allo streaming a pagamento, il music business è tornato centrale e l’industria musicale, pur rivoluzionata e più piccola (come fatturato, non come guadagni) rispetto a qualche anno fa, è tornata protagonista in un settore sempre caotico come l’intrattenimento.
Si parla pochissimo del gaming online, non si parla quasi di “realtà virtuale”, i Google Glasses sono un lontano ricordo… mentre lo streaming musicale cresce e cresce ancora.
Si parla invece pochissimo di music marketing. Anzi, visto che oggi la musica in qualche modo costa, ha più valore rispetto a una decina d’anni fa, gli esperti di marketing sono in difficoltà a ‘vincere facile’ legando brand & rockstar oppure brand & hit del momento.
Sia chiaro, sono pochissimi i brand degni di questo nome a non pensare anche al design musicale dei propri spazi di vendita. I soci di AMP e tutti i music provider devono sempre meno spesso spiegare che lavoro fanno. Ma più in generale, business musica a perte, il potere della musica, la sua magia sono davvero utilizzati?
Il punto è che oggi marketing musicale è una faccenda ancora complicata. Un brand come Apple è da sempre ‘musicale’ perché innovativo, perché legato a come vorremmo ascoltare i nostri brani preferiti (bene e con stile). Non perché Apple abbia mai fatto campagne musicali. Anzi, quando l’ha fatto mettendo gratis la musica degli U2 sugli iPhone, fallì miseramente e fallirono pure gli U2.
Negli ultimi anni, ci si è limitati a prendere Tiziano Ferro e fargli fare il testimonial Vodafone oppure a mettere sui telefonini di una singola compagnia “tutta la musica che vuoi”. Oggi che la musica che vogliamo (non tutta, la nostra) è davvero sui nostri smartphone, cosa può fare di dirompente, di innovativo un brand che voglia essere più musicale?
Sono rarissime anche le iniziative di content marketing musicale. Se Pirelli si è inventata un calendario per far parlare di sé, mentre Michelin fa guide di ristoranti o Strega punta su un premio letterario, a parte i Wind Music Awards, le attività dirompenti in Italia e non solo sono pochissime.
Tra i pochi brand ed essere in qualche modo davvero musicali c’è Ray Ban, non solo perché gli occhiali da sole danno sintomatico mistero, come cantava Battiato. Succede perché il marchio da sempre punta su un’immagine rock, come fa Converse, la scarpa dei Ramones (nella foto un’edizione limitata). Adidas, la sneaker dei Run DMC ha invece fatto scelte diverse, così come Nike. Red Bull, oltre a puntare molto sullo sport, crea continuamente contest ed iniziative legate alla musica elettronica e fa bene, visto che i dj sono un po’ rockstar e in questa strategia è stata seguita dal gruppo Coca Cola (ormai family oriented) per la sua Burn.
(Lorenzo Tiezzi)