Spotify compie 10 anni e ha 180 milioni di utenti… ma non sarà mai l’unico player dell’industria musicale

Spotify ha appena compiuto 10 anni e per l’occasione ha regalato ai media del pianeta una notevole quantità di dati e chart, perfetti per riempire pagine e post di numeri con poca fatica. 180 milioni di utilizzatori in 65 paesi, 40 milioni tra canzoni e podcast, più di tre milioni di playlist create dagli utenti, eccetera.

Ovviamente è un compleanno fondamentale per lo streaming, per la musica e per tutti coloro che lavorano nell’industria musicale, ma il fatto che sui media si parli di Spotify quasi solo per ricorrenze di questo tipo e non per la sostanza (come è cambiata la filiera della musica, le playlist e la loro importanza reale e non solo ciò che Spotify comunica, cosa non ascoltiamo su Spotify ma resta fondamentale, ad esempio rock, techno, classica…), fa capire che da capire sul tema ce n’è. Eccome.

Già potevamo ipotizzare che “Shape of You” di Ed Sheeran fosse il brano più ascoltato di sempre e che invece l’artista numero uno fosse Drake.

Il successo assoluto, incredibile, di entrambi, a differenza di ciò Spotify vuol comunicare, non nasce certo dalle playlist ovvero dallo stesso Spotify. Ed Sheeran sarebbe stato probabilmente una popstar pure negli anni ’80, ha un talento unico, mentre di Drake piacciono soprattutto gli album, non le playlist e non le canzoni singole. Soltanto “One Dance” infatti rientra nelle più ascoltate di sempre su Spotify, mentre la sua musica complessivamente è al numero uno.

E’ vero, la “listening diversity” in questi 10 anni è cresciuta molto. Ma accade soprattutto perché su Spotify è davvero facile ascoltare un po’ tutto ciò che si vuole. Non solo farsi guidare. Mentre scrivo, dopo essermi goduto “Axis Bold as Love” di Hendrix in cuffia (un’esperienza che consiglio a tutti), sto ascoltando “Imagine the Ultimate Collection” di John Lennon con le casse del pc, a basso volume.

La bella musica di decenni e secoli fa, il repertorio, quanto viene ascoltato su Spotify rispetto alle ‘hit’ del momento? Questo sarebbe bello saperlo, ma sarebbero dati complessi da analizzare, per cui, giustamente o no, S. non fornisce questi numeri.

Le “expert-curated playlists” sono senz’altro essenziali perché il pubblico possa scoprire qualcosa di nuovo. Ma è probabile che Spotify non diventi mai una casa discografica, con A&R, promozione, management e tutto il resto. Né che sostituisca mai la radio FM. Le radio FM sono sempre nazionali, in diretta, in lingue diverse, le ascoltiamo perché vogliamo un mix di musica, news, intrattenimento. Restano il sottofondo perfetto per chi lavora in casa o in ufficio.

Inoltre Spotify non può certo sostituire il lavoro certosino e artigianale dei soci di AMP, che quando selezionano musica per i loro clienti non fanno certo una semplice playlist con “mood mattutino” o una selezione delle miglior uscite del giorno, della settimana, etc.

Oggi questo immenso player sembra voler presentarsi come “l’unico” luogo della musica nel mondo. Avrebbe pure dato la possibilità di caricare musica a chiunque, non solo alle label. Ma la filiera musicale, pur oggi più corta, avrà sempre bisogno di figure, realtà e professionalità che uno colosso dello streaming certo da solo non può sostituire.

Lorenzo Tiezzi