Chi cracca Spotify, chi lo diffonde illegalmente in negozio… mentre il 45% delle aziende italiane usa software pirata

Secondo Repubblica e tanti media italiani, Spotify avrebbe recentemente dichiarato guerra agli scrocconi. E gli scrocconi sono vendicati, sui social, a colpi di hashtag, dichiarando guerra a Spotify.

“Tutto nasce da una mail che la celebre piattaforma di musica in streaming di Stoccolma ha inviato a molte persone e che, più o meno, recita: “Caro utente, abbiamo rilevato un’attività anormale sull’app che stai usando quindi l’abbiamo disabilitata. Non ti preoccupare, il tuo account Spotify è al sicuro”. Che, tradotto, vorrebbe dire: stai usando la versione Premium, ovvero a pagamento, “a gratis”. E aggiunge: “Se dovessimo rilevare il ripetuto uso di app non autorizzate che violano i nostri termini di servizio, ci arroghiamo ogni diritto, compreso quello di sospendere o cancellare il tuo account” (…)

Non è tutto: sono decisamente divertenti i commenti anzi i kommenti di chi era riuscito a craccare l’applicazione e che oggi è rimasto fregato.

“(…) “Io ero uno di quei ‘furbetti’ come dite voi che usava Spotify craccato. Non è possibile fare pagare così tanto un applicazione di musica, fate solo ridere”, scrive Mattia Boselli su Google play. E ancora: “Non è possibile pagare seriamente 10 euro al mese per della musica, che poi, parliamoci da amici, nessuno acquista la musica, figuriamoci comprare un account premium”, scrive Walter Santella, indicando un improbabile uso alternativo dei 10 euro: “Ci vado a p*****e”. Ed Edoardo Picazio aggiunge: “Pagare a quel prezzo il Premium per scegliere la musica è una truffa e mo’ avete pure tolto le versioni craccate fate pena”.

L’argomento è divertente e sarebbe davvero vasto. Ad esempio, siamo certi che Spotify e simili oggi siano più sicuri? Basta guardare un po’ in giro sul web per capire che non è così. C’è già chi è riuscito a craccare di nuovo l’applicazione.

Ma se la gente sbaglia e sbaglia tanto, che fanno le aziende quando si tratta di software?

Repubblica ha raccontato, ovviamente con un’eco quasi nulla, d’una serie di indagini del nucleo speciale che tutela la proprietà intellettuale della Guardia di Finanza. A fine gennaio 2018 questa unità operativa “ha eseguito 121 ispezioni in tutt’Italia che hanno portato alla denuncia di 62 responsabili e all’irrogazione di sanzioni complessive per 15 milioni di euro”. Ovvero oltre la metà delle aziende controllate, evidentemente su qualche segnalazione, è risultata non in regola… e parliamo di infrazioni importanti, da centinaia di migliaia di euro. Facendo un conto a spanne, la sanzione media comminata durante questa operazione è stata di oltre 240.000 euro. Ovvero, non si tratta delle piccole aziende italiane che non hanno pagato una licenza di Photoshop o Office. Si tratta di aziende importanti, che se ne sono fregate per grossi progetti di regole a cui tutti dovremmo sottostare.

Non è una novità. Secondo uno studio internazionale del 2016 (Bsa Global Software Survey) solo il 55% delle aziende italiane è davvero a posto con il software, mentre il 45%, pur spesso credendo il contrario, usa software pirata. Siamo in linea la Spagna, la media dell’Europa Occidentale è uno sconfortante 28%, mentre negli USA è fuori dalle regole il solo 17%.

Tornando alla musica e venendo alla business music diffusa negli spazi pubblici e commerciali, l’argomento di Soundscapes.it, sono tanti, tantissimi gli esercizi che diffondono illegalmente Spotify Premium o addirittura la versione free di Spotify, quella con gli spot. Basta andare in giro per bar, negozi e ristoranti per accorgersene. Come ci ha raccontato Stefania Ercolani di SIAE, infatti “Non è possibile diffondere Spotify, anche nella sua versione Premium. Contrattualmente, l’uso di questa piattaforma è, infatti, personale. Chi decide di diffondere Spotify o un servizio analogo nel suo negozio o nel suo bar compie un atto illecito nei confronti di Spotify che non ha l’autorizzazione a fornire musica ad esercizi commerciali (…) “.

Come si fa a cambiare questa tendenza? Senz’altro sarà fondamentale, oltre che il ruolo di autotutela di Spotify, anche e soprattutto quello di SIAE, che ha una struttura molto attiva sul territorio.

E’ una battaglia culturale dura, ma non bisogna disperare. Anche perché la lunga guerra alla pirateria il sistema musica, oggi, la sta vincendo. Spotify, Apple Music e simili costano, certo, ma sono eccellenti. Per questo le app vengono craccate.

In passato si scaricavano mp3 e si compravano cd pirata, e la discografia langueva, anzi stava morendo. Oggi molti, moltissimi pagano per usare Spotify Premium, così come moltissimi esercenti sono in regola e usano dei veri music provider… e grazie ai loro soldi la discografia sta vivendo un momento di grande rilancio.

Regole chiare, ancora più chiare di oggi, e sanzioni severe aiuteranno a sconfiggere gli irriducibili della ‘musica gratis’. In fondo è solo questione di tempo.

(Lorenzo Tiezzi)