La miglior musica per un brand? Qualcuno che dica buongiorno al cliente e lo coccoli

Sabato scorso ho passato qualche ora piacevole di shopping, aperitivo & dintorni nel centro turistico di Milano. Mi sono sentito poco in colpa di questa attività decisamente leggera perché sono seguite ad un’altra attività decisamente ‘alta’, ovvero mi sono goduto la bellissima mostra Dentro Caravaggio, a Palazzo Reale. Inoltre, nelle scorse settimane ho tradito Trenitalia per Italo nella tratta Brescia – Firenze e ritorno e mi sono trovato piuttosto bene. Anche la Tramvia, a Firenze, è molto veloce, ma in certi momenti meno piacevole di un viaggio in treno.

Tutte queste esperienze in spazi pubblici, molto diversi tra loro, tra l’altro vissute in orari molto lontani (primo mattino, giornata, sera, notte), non sono state molto musicali. Tuttavia ho vissuto tante ore in un paesaggio sonoro decisamente piacevole, circondato da persone che sembravano lavorare per me volentieri. La mia piccola riflessione è quindi che pure tra addetti ai lavori parliamo troppo di musica e poco di SoundScape, di ambiente sonoro in senso lato.

Iniziamo dalla mostra. Dentro Caravaggio è stata comunicata come una mostra dall’impatto multimediale unico. In realtà dietro ogni quadro c’è semplicemente un piccolo schermo tv led in cui gira in loop un breve video che racconta come, tramite “radiografie” ai quadri, si sia capito il modo di operare di Caravaggio. Anche la novità assoluta in questa mostra manca: gli esperti che Caravaggio spesso incideva la tela senza disegnare lo sapevano da tempo, lo hanno scritto pure alcuni biografi nei secoli scorsi. Ma detto questo, ovvero che Dentro Caravaggio non ha un impatto multimediale importante, è una mostra commovente. E’ commovente perché mette lo spettatore, in silenzio, di fronte a quadri illuminati solo da ‘luce notturna’, perché Caravaggio la luce del sole la amava e la usava poco. Con le luci basse, ognuno di noi tende a parlare piano, per cui il viaggio che si gode in una trentina di quadri è decisamente interiore. Nei vecchi e nei bimbi delle opere del genio è difficile non vedere i propri cari (anche se Caravaggio ritraeva soprattutto popolani e prostitute). E c’è musica, eccome: quella del silenzio.

Il bravo custode, in una mostra così, non si fa né sentire né vedere, proprio come il bravo assistente alla clientela su un treno. Se non ho sentito male, su Italo i controllori si chiamano pomposamente ‘train manager’ negli annunci. Il termine è tremendo, ma il loro lavoro lo fanno molto bene. Ad esempio, quando si sale sul treno dicono buongiorno a tutti i viaggiatori, abitudine che ormai ci godiamo solo in aereo. Sui treni di Italo l’impatto multimediale è scarso, non ci sono schermi video che indichino le stazioni o la velocità… ma c’è qualcosa di ben più importante: mi sembra che il comfort acustico sia almeno un po’ superiore rispetto a Trenitalia (e linea Wi Fi, tra Brescia e Firenze, funziona un po’ meglio).

Anche il comfort della Tramvia, a Firenze, è ottimo, decisamente migliore rispetto ai vecchi tram / metropolitane. Tuttavia la voce che annuncia le fermate, chissà perché, non è quella di uno/a speaker professionista, bensì di una persona normale con un chiaro accento fiorentino. Non è una sottigliezza: gli annunci nel 2018 si dovrebbero far fare ai professionisti, altrimenti l’esperienza globale di utilizzo di un mezzo pubblico cala.

Anche nel mio pomeriggio milanese, più che la musica, mi hanno colpito la voce e l’approccio di chi stava lavorando per me. Al Martini Bar ricavato nel grande negozio di Dolce & Gabbana l’aperitivo costa caro (32 euro in due) ma gli stuzzichini sono eccellenti e i drink regalano personalità. Si, è vero, la musica pop dance in sottofondo si sente piuttosto male, ma conta poco. Ci si sente coccolati dallo staff: i camerieri sono belli, simpatici, veloci, vestiti come James Bond e parlano tutte le lingue del mondo. Sono coadiuvati nel lavoro da giovani cameriere in total black che a volte, incredibilmente, sorridono pure. Ovviamente questo personale non pulisce più di tanto i tavoli. Questa attività è riservata ad un’altra cameriera, vestita con un’altro tipo di divisa, più ‘umile’. Come dice il proverbio, chi serve non è servo, per cui la signora non si sentirà certo sentita inferiore ai colleghi. Fa semplicemente un altro lavoro, altrettanto necessario.

La situazione era, purtroppo ben diversa, all’ingresso di un grande e caotico negozio in San Babila. Qui una giovane commessa urlava BUONGIORNO a tutti i clienti, con un tono di voce fastidioso. Ovviamente doveva coprire il volume quasi assordante dell’impianto di condizionamento nei pressi dell’ingresso e ovviamente non aveva capito come doveva salutare i clienti… ma stava cercando di fare una cosa importante. Salutare i clienti è essenziale, anzi bellissimo. Negli USA lo fanno tutti gli addetti alla vendita, anche gli enormi uomini della security.

(Lorenzo Tiezzi)