Quella che un tempo chiamavamo discografia, ovvero l’industria della musica registrata, cresce dell’8,2% dal 2018 al 2019. Il fatturato passa dai 18.7 miliardi di dollari ai 20.2 del 2019. Assolutamente prevalente è ormai il ruolo dello streaming, attività che come gli addetti ai lavori sanno riduce enormemente rischi e costi per l’industria musicale: ben il 56,1% degli incassi del settore deriva appunto dallo streaming nel suo complesso.
Semplicemente impressionante poi la crescita complessiva del numero degli abbonamenti paganti di servizi musicali in streaming, che nel mondo secondo IFPI, l’associazione di questa industria che rilascia questi dati: sono cresciuti del 24,1% rispetto al 2019, arrivando a 341 milioni nel mondo.
Si dice spesso, ma solo tra addetti ai lavori, che chi paga per ottenere un servizio musicale in streaming spenderebbe troppo poco, ma la realtà dei fatti è completamente diversa. Il 42% degli incassi globali dell’industria della musica registrata arriva dagli utenti paganti. Il famoso, solo per gli addetti ai lavori, value gap, ovvero i troppo pochi soldi che la discografia incasserebbe dallo streaming gratuito riguarda, in sostanza, YouTube ‘tradizionale’, Facebook, Instagram, Tik Tok (e compagnia).