Come ogni popstar e rockstar che si rispetti, anche Justin Bieber vale quanto il suo ultimo disco. Non vale quanto il suo brand, celeberrimo, o la sua carriera. Vale, oggettivamente, solo quanto vale la sua musica oggi.
Questa frase, che disse Ferry Mercury, Justin Bieber, popstar non poi così al centro della scena, visto che mia figlia, che ha 10 anni, non sa chi sia, la deve sentire bene su di sé. Deve essere per lui una sorta di perso indicibile.
Siccome il suo recente disco “Yummy“, uscito il 3 gennaio su Spotify aveva forse bisogno di una forte spinta social, più forte di ciò che ogni popstar non poi così al centro della scena ha, Bieber ha pubblicato un post (oggi cancellato) con mille strategie non del tutto legali o proprio illegali per far si che la canzone andasse al numero uno almeno negli USA.
Uno dei consigli per i super fan di Bieber era quello di creare playlist con un solo brano e metterle in repeat, anche quando si andava a dormire. Tra i consigli c’era pure quello di utilizzare software per fingere di essere negli USA ad ascoltare musica qualora ci si trovasse all’estero…
Chiaramente questo tipo di attività al limite della legalità o del tutto illegali vengono in qualche modo incoraggiate in modo indiretto dal management degli artisti… se però è l’artista stesso a metterci la faccia, la brutta figura è immediata.
La strategia non sembra aver pagato. Mentre scrivo (14 gennaio 2020 ore 10 e 3), il brano di Bieber è solo al settimo posto tra i brani più ascoltati negli USA.