Il parlamento europeo il 12 settembre ’18 ha approvato una nuova direttiva proposta da Alex Voss riguardante il diritto d’autore online. I dettagli di questa importante riforma sono ancora da definire, ma questa riforma in qualche modo regolerà il potere dei Big Player come Google.
Ovviamente la politica italiana, divisa su tutto, non ha perso l’occasione di farsi sentire nel peggiore dei modi. Alcuni esponenti hanno raccontato di aver ricevuto un preciso ‘mail bombing’ dagli USA, a cui ovviamente hanno risposto stoicamente. Altri si scagliano contro questa futura riforma (che ancora riforma non è) definendola testualmente vergognosa. Dei contenuti reali di questa direttiva si parla pochissimo, anche perché si tratta di capire, spiegare, analizzare, ipotizzare ovvero faccende complicate. Schierarsi urlando parlando di principi senza entrare nel merito dei fatti, di cosa succederà, è molto più semplice. Anche perché capire oggi cosa succederà domani è molto difficile.
A livello di principio, che non è una legge (è appunto una direttiva che non sarà legge nei diversi stati dell’Unione fino al 2021), dovrebbe succedere questo: gli editori avranno diritto ad una sorta di equo compenso quando i motori di ricerca indicizzeranno i loro articoli su servizi come Google News tramite qualche linea di testo e una foto. “La semplice condivisione di collegamenti ipertestuali (hyperlink) agli articoli, insieme a “parole individuali” come descrizione, sarà libera dai vincoli del copyright”, specifica Repubblica. C’è un precedente: Google, quando la Spagna ha legiferato in modo simile in materia, ha chiuso Google News Spain. Si gioca, quindi, con il fuoco, visto che soprattutto in paesi come l’Italia Google ha un monopolio di fatto.
Inoltre, chi fa pubblicare ai suoi utenti contenuti multimediali (ovvero social network come YouTube, Facebook, Instagram, etc) sarà responsabile di questi contenuti anche dal punto di vista del diritto d’autore. Ovviamente, come era ieri e come sempre sarà, le enciclopedie online come Wikipedia, visto che sono uno strumento essenziale di promozione culturale, non avranno mai problemi di diritto d’autore, come accade per la carta in casi analoghi (non ne hanno neppure le antologie scolastiche da qualche centinaio d’anni). Sono escluse dalla direttiva anche le piccole e micro imprese del web. Sia chiaro, non sono previsti filtri per legge preventivi che impediscano di pubblicare qualcosa (anche perché la faccenda sarebbe un po’ complicata), ma le piattaforme, a differenza di oggi, quando nei fatti online succede di tutto e di più, saranno responsabili dei contenuti che ospitano.
L’industria culturale italiana, SIAE in testa, ovviamente gioisce. “Stabilire delle regole non significa soffocare la libertà, come i giganti del web vogliono sostenere, senza pagare tasse e guadagnando cifre miliardarie. Loro hanno i miliardi, noi però abbiamo ragione e sono contento che gli Europarlamentari l’abbiano capito. Gli autori producono cultura: la cultura è il seme della democrazia, della tolleranza, della libertà di pensiero”, ha dichiarato Mogol, presidente SIAE… Si tratta però, rimanendo ai fatti, di una direttiva che parla di valore economico di contenuti culturali, non di principi ideali. La cultura produce valore e in certi casi un bel po’ di denaro che serve a remunerare tutta la filiera. I problemi tra lo stesso Mogol, Lucio Battisti e gli eredi di quest’ultimo riguardano i guadagni… e mentre va avanti la querelle giuridica va avanti, su YouTube sono disponibili illegalmente interi album di Battisti. Chi vuol ascoltare tutto “Anima Latina” o un altro album dell’artista lo trova senza difficoltà.
Diversi opinionisti mettono invece l’accento quasi solo sulla ‘libertà di circolazione delle idee’: “iper proteggere i diritti d’autore sacrifica altri diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino” scrive Guido Scorza sul Fatto Quotidiano. Anche in questo caso il riferimento ai principi ideali sembra mal posto. Viene da chiedersi cosa c’entra la libertà con la pubblicazione su YouTube di musica che non dovrebbe esserci e perché, secondo i fautori della ‘libera circolazione’, chi invece utilizza tale musica nel mondo reale debba seguire ogni singolo cavillo legale.
(Lorenzo Tiezzi)