Il mercato musicale USA cresce del 16.5% in un anno e raggiunge 8.7 $ miliardi… grazie allo streaming, non al vinile

La ‘notizia’, comunicata con grande enfasi da passatisti e maniaci del vinile, sarebbe questa: “lo dicono i numeri, il supporto fisico piace ancora. Lo dicono i dati di RIAA (Recording Industry Association of America), cd e vinile battono il download 1,5 miliardi di valore contro 1,3.” La realtà, è ovviamente, ben diversa ed è decisamente banale per chi lavora davvero con la musica. L’industria musicale va bene: come scritto nel titolo: “Il mercato musicale USA cresce del 16.5% in un anno e raggiunge 8.7 $ miliardi, grazie allo streaming, non al vinile”.

E’  infatti ovvio che  l’unico presente della musica, non il futuro, sia lo streaming. Tutto il resto (download, cd, vinile) è invece nicchia. Magari splendida, ma nicchia. Il vinile cresce perché piace ai collezionisti e pure il cd, da supporto principale per la musica, sta avendo una seconda vita come supporto per fan (edizioni speciali, raccolte, etc). Il download digitale, è, ovviamente, in caduta verticale, visto che è più o meno sovrapponibile con lo streaming. Non è un caso che Apple entro breve abbia deciso di chiudere iTunes. Rimarrà solo per categorie specifiche, probabilmente, come i music provider o i dj.

Divertente poi che il download, in molti articoli, venga ‘scorporato’ dal suo settore, il digitale, di cui fa parte con lo streaming. Pur di far vincere ‘alla grande’ il vinile, che sale comunque del 5,3% come numeri e del 9.3% come valore (perché oggi i vinili costano di più, sono supporti solo per fan), si sono scritte e si scrivono scempiaggini, nei titoli e spesso anche negli articoli.

Come invece ha giustamente scritto Enzo Mazza, uno che ovviamente di discografia ne sa, su Agi.it,

“Nel 2017 sono stati oltre trecento miliardi gli stream. Oggi, con 35 milioni di abbonati, una popolazione grande come l’intero Canada consuma musica con un servizio a pagamento negli Stati Uniti, e questo è sicuramente un progresso enorme per un settore che solo dieci anni fa era dato per spacciato. (…). Gli abbonamenti a pagamento superano i 4 miliardi di dollari (…). I dati mostrano anche come la rivoluzione online (oggi l’80% della musica venduta negli Stati Uniti è digitale) sia costantemente di fronte a cambiamenti. (…) Dai dati RIAA si vede come il mercato americano sia oggi costituito per il 65 % da streaming (free e premium), per il 17% da cd e vinili e per il 15 % da download, con un 3 % residuo di sincronizzazioni (musica per film, serie TV e pubblicità)”.

Ovviamente, come i passatisti tendono a dimenticare, uno dei vantaggi dello streaming è il basso costo, rispetto alla produzione ed alla distribuzione (con relativi resi) del supporto fisico. Per cui, se è vero, come dice Mazza, che i “il mercato americano del 2017 rappresenta il 60% di quello che era nel 1999, prima di Napster” perché è ancora fragile… c’è da ripetere, ancora, anche un’altra cosa, che troppi giornalisti inesperti di musica ed economia: i ricavi non sono i guadagni.

Vendere un vinile fa fatturare di più rispetto ad un numero x di download ed y di streaming, ovviamente, ma la produzione di un vinile costa e comporta un rischio di impresa notevole. Far distribuire un brano ad uno streaming provider come Spotity o Apple Music, invece, per un produttore di musica è gratis. Gli unici costi sono, nei fatti, quelli di registrazione e selezione artistica.

Torniamo alla sostanza, ovvero alla buona notizia, ovvero che il mercato americano cresca, e di molto. Il fatto che Spotify debba andare in borsa per fare utili non vuol dire che l’industria della musica registrata non sia mai stata così in salute come oggi da tanti, tantissimi anni. Il merito, ovviamente, è dello streaming, non del vinile.

(Lorenzo Tiezzi)