Sia chiaro, è ovvio che Spotify non sia la Bibbia della musica. E’ ‘solo’ il sito leader a livello mondiale per quel che riguarda lo streaming musicale, gratuito e a pagamento (premium). Per questo è il posto giusto per capire quali sono le tendenze musicali sul pianeta, ovvero è il posto giusto non per capire cosa ascolteremo nel 2018, cosa molto difficile da prevedere, ma per capire cosa abbiamo ascoltato in streaming del 2017. Farlo è molto facile: c’è una playlist che si chiama semplicemente Top Tracks of 2017. In poco più di 6 ore ognuno di noi può farsi un’idea personale del sound dell’anno che sta finendo.
Ascoltando bene tutto quanto più volte, viene da pensare che molti professionisti della selezione musicale questa semplice operazione non la facciano, perché molte chicche amate altrove in Italia dobbiamo scoprircele da soli, su Spotify...
Ma andiamo con ordine.
Ovviamente, per quel che riguarda questa “top 100”, parliamo di musica pop, quella più diffusa, quella che ascoltiamo un po’ tutti anche senza volerlo, dal parrucchiere, al supermercato o alla radio. Le nicchie, anche quelle in crescita, questa chart non può che ignorarle. Per quel che riguarda la musica da ballo, accanto ad un periodo di stanca, francamente benvenuto dell’EDM da salto e della ‘deep house melodica’ (genere amato ancora oggi dalle radio italiane e solo da loro, visto che in questa chart non c’è manco una traccia di questo tipo), la Top Tracks of 2017 non racconta ad esempio il boom della techno. Restando in ambito dance e dintorni, i top dj sembrano in crisi a livello musicale. Sia chiaro, i brani in classifica prodotti da dj sono ancora tanti: Calvin Harris è presente con “Slide” e un altro brano, c’è Martin Garrix, c’è Guetta con Bieber, c’è Dj Snake, ci sono Axwell & Ingrosso, c’è Marshmello… ma piacciono davvero soprattutto musicisti pop del mixer come The Chainsmokers, grandi protagonisti con tanti brani in questa top 100.
Si fa notare poi, parecchio, l’assenza pressoché totale di brani rock. Non manca ovviamente il classico pop da classifica, ovviamente. Purtroppo però i brani che probabilmente resisteranno all’usura del tempo sono pochissimi. Due di questi sono senz’altro “Chained to the Rhythm” di Katy Perry, una canzone che fa venire voglia di cantare a chiunque e “I feel it coming” di The Weekend e Daft Punk. Della semplice genialità di questi ultimi non si scriverà mai abbastanza e mai con abbastanza acutezza, per cui non ci provo neppure.
Venendo a dati musicali che esulano dai generi, i BPM (le battute al minuto dei brani) mediamente, sono bassi. Di brani che danno energia ce ne sono pochissimi, mentre le ballad d’ogni tipo non mancano. Il modo di utilizzare la voce è davvero piatto. Non ci sono quelle voci importanti del rock anni ’60 ’70 (Led Zeppelin, Stones), non ci sono virtuosi degli strumenti, non ci sono chitarre, non ci sono strumenti a fiato in evidenza, non ci sono assoli… I riff strumentali sono utilizzati spesso, ma raramente si tratta di riff di qualità. L’efficacia di “Satisfaction” gli Stones non è di questi anni…
Per non parlare dei giri d’accordi. D’accordo che il pop è semplicità, ma ad essa per generazioni i musicisti sono arrivati per sottrazione, studiando e suonando per decenni per poi arrivare ad “Imagine” come fece John Lennon. Oggi chi sa suonare su una tastiera un do, un la minore e un fa si sente musicista. E purtroppo chi ascolta se ne accorge. Una notevole piattezza sonora ed armonica è evidente a chi ha voglia e capacità per sentirla. Tutto questo accade senz’altro perché in studio di registrazione lo strumento che accomuna tutti i musicisti è senz’altro il computer. Ed il PC, oggi, sembra appiattire più che stimolare creativamente. Si spera in una prossima rivoluzione, magari elettronica. Non è certo colpa dello strumento (il computer) se la musica oggi è piatta, è colpa di chi lo usa.
Dopo questa lunga, forse troppo, introduzione, veniamo alla sostanza, ovvero al sound urban che permea una percentuale importante di questa Top Tracks 2017 di Spotify. Ovviamente è urban anche il brano più ascoltato in assoluto, ovvero “Shape of you” di Ed Sheeran ed è 100% urban anche l’odiosissima / amatissima “Despacito”. In generale, più o meno il 40 – 45% dei brani più ascoltati nel mondo su Spotify è urban. Per restare sulla cresta dell’onda, si fa per dire, si sono messi ad utilizzare sinuosi ritmi urban pure i Maroon 5.
Ognuno ha, all’interno della musica urban (un mix di hip hop, pop, musica latina, r’n’b e dintorni) le sue preferenze. E’ giusto così. Io, che da sempre adoro le canzoni con pochi accordi vicini (come alcuni brani di Battisti e Fleetwood Mac), ricorderò sempre il 2017 come l’anno di “Me Rehùso” di Danny Ocean. Ho ascoltato anche altri brani di questo artista e credo finirà nel dimenticatoio, ma questa canzone mi darà sempre e comunque emozione.
Ovviamente, il sound urban è, per sue caratteristiche intrinseche, musica dalla povertà armonica assoluta, musica fatta spesso ‘male’ usando soprattutto il computer ed è musica vicina all’hip hop, un genere in cui la base diventa spesso “solo” un modo per raccontare qualcosa (si pensa ai brani di Ghali)… solo che tutte queste caratteristiche non certo positive diventano il modo per esprimere qualcos’altro. Forse la musica urban vince proprio per la piattezza desolante con cui viene prodotto tutto il resto.
Ma c’è di che stare allegri. Parecchio. Che tra i 100 brani più ascoltati nel mondo nel 2017 ci sia un gioiellino r’n’b come “Childish Gambino” di Redbone, un brano che in un solo ascolto racconta più della black music dell’intera discografia di Bruno “Jackson” Mars, mette di buon umore.
Le radio FM italiane hanno scelto di dimenticare nei fatti molti degli artisti urban più creativi, anche quelli che forse potrebbero piacere “alle masse” anche da noi. Un genio assoluto (come dice Massimo Oldani) come Drake per fortuna ce l’hanno fatto ascoltare almeno un po’, ma i piccoli gioiellini musicali prodotti da uno come Khalid non abbastanza. Per fortuna, esiste Spotify, che non è certo perfetto, ma permette a chi ne ha voglia, nella sua versione premium (solo 9.90 euro al mese o 15 euro circa per un abbonamento family riservato a tutta la famiglia) di scoprire almeno in parte cosa si ascolta nel mondo.
(Lorenzo Tiezzi)