La musica nel mondo è in boom… ma l’Italia abbassa l’IVA solo ai concerti, che non creano innovazione (purtroppo)

Basta guardare le offerte di lavoro di Music Business Worldwide, sito in crescita costante: il music business, da sempre globale ed internazionale, da prima del web e dei social, è in boom. Le offerte di lavoro sono moltissime, nel mondo. E anche in Italia qualcosa si muove, grazie ad aggregatori, distributori, etc. Billboard ha appena creato un suo sito italiano.

Dopo una crisi durata decenni, lo streaming a pagamento ha rivitalizzato un’industria che sembrava semplicemente destinata ad una lenta e terribile fine. E invece no. Non è andata così.

E ancora: non tutta la filiera musicale sa innovare e quindi creare nuovo valore. Anche oggi che l’industria dei concerti diventa sempre più centrale nel mondo, anche in paesi da sempre poco vicini alla musica pop rock dal vivo come il nostro (Mina e Battisti negli anni ’60 veri tour non li facevano, per capirsi, mentre negli USA c’era già Woodstock), chi crea nuove star non è certo la musica dal vivo. Sono invece solo e soltanto quelle realtà editoriali e musicali che un tempo si chiamavano case discografiche. Oggi che i dischi di fatto non esistono più sarebbe forse l’ora di cambiare loro nome.

Senza la gestione artistica e manageriale ad inizio carriera della sua casa discografica, Ed Sheeran gli stadi non li riempirebbe senz’altro. Gli organizzatori di concerti, in generale, sembrano molto impegnati a garantire alle star guadagni folli, spesso utilizzando metodi ‘fantasiosi’ come il secondary ticketing. Sia chiaro, la qualità di ciò che si ascolta e si guarda ad un concerto sta crescendo moltissimo. Ma l’innovazione artistica è poca. La colpa, ovviamente è anche delle star, che si occupano di fare solitamente solo il lavoro di star. Vasco Rossi, ad esempio, torna con Live Nation per i suoi concerti 2018, nonostante i problemi di questo colosso dei concerti… perché ovviamente solo organizzazioni come Live Nation permettono guadagni sicuri.

E l’Italia che fa? Aiuta solo il settore concerti, e non chi cerca di creare valore e nuovi talenti, ovvero la filiera della musica registrata, magari semplicemente abbassando l’IVA su certi supporti o su certi servizi, magari solo per le imprese, oppure solo per il consumatore finale.

Sarebbe proprio follia agevolare l’utilizzo di business music di qualità da parte del settore retail italiano? Siamo certi che sarebbe follia abbassare l’IVA, ad esempio, solo a chi diffonde musica originale e non musica di  qualità dubbia?  Potrebbe essere un provvedimento che aiuta tutta la filiera della musica in Italia, non solo chi la crea musica, ma pure di chi la diffonde, come i soci di AMP.

Non c’è una sola ricetta buona: ogni soluzione potrebbe essere positiva, anche quella di ‘obbligare’ gli organizzatori di concerti a produrre anche spettacoli con nuovi artisti, visto che con la la legge di bilancio 2017 tutta la musica dal vivo nel nostro paese gode dell’IVA al 10% come che organizza spettacoli teatrali.

Ovviamente, non accade niente di tutto questo. Jovanotti e Vasco Rossi, che oggi riempiono gli stadi riproponendo i loro grandi successi resi noti dai media musicali (radio, web, tv, etc), senz’altro non reinvestono parte dei loro utili nella ricerca di nuovi talenti, né fanno la stessa cosa gli organizzatori dei loro concerti.

Per fortuna, la vista miope sulla musica di chi governa il nostro paese, non riesce certo a cambiare la tendenza internazionale. Il sistema musica è in crescita e questa crescita non è guidata dai concerti, bensì dalla musica registrata. Non è una cattiva notizia per chi lavora in questo settore e per chi semplicemente ama la musica.

(Lorenzo Tiezzi)