Facebook pagherà più tasse in italia? Per ora non paga un euro per diffondere musica nel mondo

Come sappiamo tutti grazie al coro sempre poco polifonico dei media, Facebook negli ultimi anni in Italia ha pagato poche tasse, ovvero circa 200.000 euro su circa 400 milioni di euro di servizi venduti nel nostro paese.

Questo fatto ovviamente fa arrabbiare legioni di casalinghe, imprenditori e uomini della strada, tutti quanti impegnati in giuste e quotidiane lamentele verso il nostro piccolo stato, l’Italia, che fa acqua da tutte le parti.

Ovviamente Facebook dal punto di vista fiscale ha fatto ciò che ha fatto perché la legge italiana e quella europea, ad oggi, permettono. Si può operare in una nazione EU dove si ha la sede aziendale e si può fatturare in un’altra. E’ la base dell’economia di mercato che molti, quando si tratta di fisco, non sembrano capire. 

Tra l’altro, in Italia, Facebook ha circa 30 dipendenti, ovviamente avrà anche dei consulenti, ha una sede a Milano su cui ovviamente pagherà delle tasse. Magari Facebook sta anche facendo investimenti importanti in Italia di cui siamo all’oscuro, perché non tutto è pubblico… Ma niente. Tutto questo non conta: l’importante è che Facebook paghi più tasse sul reddito prodotto in Italia. Sempre che questo reddito ci sia.

Vista la situazione, meglio non addentrarsi nei meandri dei servizi e/o prodotti internazionali a livello fiscale …(ad esempio se un’azienda italiana compra dall’Italia su Facebook pubblicità per il suo brand nel mondo, e non in Italia, ovviamente Facebook non deve pagare tasse in Italia su questa vendita, mentre l’azienda può scaricare la fattura perché italiana…)

C’è però una questione molto semplice di cui sui media generalisti e pure su quelli di settore non si parla praticamente mai. Eppure sarebbe così chiara. Facebook ad oggi non paga un euro per diffondere musica nel mondo. Google e YouTube invece pagano.

Radio Deejay per utilizzare musica nei suoi programmi paga un sacco di soldi. Il BBC World Service invece non paga un euro, perché di musica non ne trasmettere. Gli utenti Facebook invece pubblicano ogni ora di ogni giorno pubblicano un sacco di musica, Facebook fattura pubblicità e, a parte accordi non pubblici con singole aziende, non paga un euro per diffondere musica dai suoi server. Instagram, che fa parte dell’universo Facebook e cresce anche di più, fa proprio la stessa cosa.

Anzi, è normale oggi che un breve video (1 minuto) con musica tutelata su Instragram si possa pubblicare liberamente, mentre lo stesso video venga bloccato, agli utenti ‘standard’. Qualcuno, soprattutto le pagine pubbliche più grandi e potenti che hanno chiuso qualche tipo di accordo con Facebook e forse pure con le major e/o con le associazioni che tutelano l’industria musicale (chissà…), invece può fare tutto ciò che vuole. Accade ad esempio, al festival Tomorrowland e Radio Deejay, che pubblica anche su Facebook tutto ciò che diffonde in fm e in tv.

Immaginate un tale caos per i diritti online degli eventi sportivi. Immaginate se Sky o Premium pubblicassero, magari in differita, una singola partita di Serie A che hanno diffuso in diretta in tv. La Lega di Serie A chiederebbe subito milioni e milioni di euro di danni, perché Sky o Premium non pagano un euro per i diritti web.

Ovviamente, Facebook e l’industria musicale stanno cercando un accordo. Ed è un accordo che dovrebbe, in teoria, far spendere a Zuckemberg un bel po’ di soldi. Ma articoli come questo su HypeBot, anche sui siti di settore, sono rari. Se ne parla per qualche settimana e poi la questione viene accantonata. Cosa bolle in pentola lo sanno in pochissimi.

Nel frattempo, sarebbe auspicabile che l’industria musicale, oltre che chiedere quanto dovuto ai soci AMP e ai piccoli utilizzatori musica, facesse un bel muro contro muro con Facebook. Il settore musica continua a raccontare sino alla noia il suo problema del value gap, ovvero del fatto che YouTube / Google paghi poco in confronto a siti come Spotify ed Apple Music… ma un po’ di guerra a Facebook farebbe solo bene. Ovviamente, per strappare un accordo migliore con chi per ora ha fatto tutto ciò che voleva.

(Lorenzo Tiezzi)