Qualche giorno fa alla Bocconi di Milano è stata presentata una ricerca davvero interessante per chi si occupa di retail e musica. Lo studio, intitolato “Music Design ed Esperienza d’Acquisto nel Punto Vendita” è stato portato avanti dall’Università col supporto di M-Cube, uno dei principali music provider italiani. E’ la prima volta che un ambito così importante nel marketing, ormai fondamentale anche per l’industria musicale (chi utilizza musica in spazi commerciali la paga sempre) viene analizzato in modo così preciso per quel che riguarda il mercato italiano. Vista l’importanza anche quantitativa della ricerca, riassumerla esaustivamente diventa impossibile. Qui ed in altri post riassumeremo solo alcuni dei risultati analizzati da Andrea Ordanini, Anastasia Nanni e Anna Stoppani del dipartimento Marketing della Bocconi. Racconteremo poi presto pure la presentazione della ricerca, un evento anch’esso molto stimolante a cui hanno partecipato anche professionisti di brand come Brunello Cuccinelli, Euronics e la già citata M-Cube.
Tre le prospettive di cui si è tenuto conto in “Music Design ed Esperienza d’Acquisto nel Punto Vendita”: quelle dei manager, coloro che prendono le decisioni sulle basi di costi, studi e strategie; quelle di dipendenti, ovvero coloro che passano ore e ore in punti vendita pensati quasi solo per il benessere dei clienti, l’ultima categoria presa in considerazione. Questi ultimi, che di solito sostano negli spazi al massimo mezz’ora, sono stati intercettati in 82 interviste in profondità appena fuori dai punti vendita. Secondo la ricerca, “La radio non è considerata fondamentale nei contesti luxury e food, mentre nei department stores le viene assegnata maggiore importanza”. Per i giovani la musica è più importante che gli adulti e chi è molto coinvolto dalla musica vede come valore aggiunto il coinvolgimento di un professionista esterno nella creazione della playlist del punto vendita.
La prospettiva dei manager è stata invece analizzata tramite una survey quantitativa che è riuscita a prendere in considerazione ben il 46% circa delle insegne presenti in Italia con più di 30 punti vendita. Se si escludono Poste Italiane, ben il 54% degli spazi utilizza background music. Sembra un numero importante, anzi senz’altro lo è, ma ben il 74% di chi utilizza background music nell’ambito delle catene food, però, fa semplicemente ascoltare una radio FM già esistente, spot compresi. La percentuale cala al 38% dei servizi ed al 28% nel retail, ma la possibilità di crescita nella qualità musicale dei punti vendita italiani è ancora molto grande.
L’ultima prospettiva analizzata, quella dei dipendenti che lavorano nelle catene, probabilmente, è stata quella che ha dato più sorprese. Infatti, nel settore luxury: l’ambiente di lavoro sembrerebbe dall’esterno più piacevole, ma la background music spesso non è affatto apprezzata: “Ripetitività, eccessiva sofisticatezza e ridondante lentezza rendono la musica poco confortevole (quando “non vessante”)”. I dipendenti del settore non-luxury invece si sentono la musica destinatari della musica selezionata per loro, mentre i dipendenti del settore food ritengono che: “La musica intrattiene, allenta le tensioni e favorisce la concentrazione anche perché isola il dipendente dai “fastidi esterni” (clientela, colleghi …)”.