La psicologa americana Kelly Jakubowski ha recentemente pubblicato un articolo su Psychology of Aesthetics, Creativity and the Arts che ha avuto una discreta eco su diverse testate. L’argomento dell’articolo in effetti è curioso e può piacere un po’ a tutti gli appassionati di musica: Come sono fatti i brani che restano facilmente in testa già al primo ascolto e che non si fanno dimenticare? In inglese si chiamano earworms, in italiano tormentoni. Sono state intervistate ben 3.000 persone a cui è stato chiesto di citare le canzoni che non riescono a togliersi dalla testa per paragonarle a brani presenti nelle chart di UK e USA che però non sono diventate tormentoni. I risultati sono interessanti proprio dal punto di vista psicologico. Infatti il cervello lavora in sinergia con percezioni, emozioni e memoria. Uno dei pochi modi efficaci di dimenticare un tormentone è, ad esempio, mettersi a cantare un’altra canzone. Questo studio conferma certe associazioni che tutti inconsciamente facciamo
Dal punto di vista musicale, invece, visto che lo scopo dell’articolo era anche dare una bella ‘ricetta’ a chi dovrebbe scrivere tormentoni, le vere indicazioni sono pochissime e già si potevano avere ascoltando le canzoni di maggior successo dagli anni ’50 ad oggi riassunta in Polygraph. Scorrendo infatti la Top Ten più votata dagli intervistati si capisce subito che ogni brano fa storia a sé: ci sono tre pezzi ormai datati di Lady Gaga (poi incapace di ripetersi), c’è la complessa “Bohemian Rhapsody” dei Queen e c’è pure la semplicissima e splendida “Don’t Stop Believing” dei Journey, anche perché rilanciata dalla serie Glee. Lo studio poi cita due dei riff (parti strumentali ripetute più e più volte) più importanti della storia del rock, quelli di “My Sharona” di Knack e “Smoke on the Water” dei Deep Purple, mescolandoli, chissà perché ad un capolavoro della musica strumentale come “In the Mood” di Glenn Miller.
Forse quest’ultimo è un vero classico, che sta diventando immortale. Per capire cosa ricordiamo davvero e cosa caratterizza la nostra civiltà musicale, infatti, forse è utile andare indietro nel tempo, a motivi che ogni occidentale ha nelle orecchie da centinaia d’anni. Oggi è ovvio che l’armonia perfetta dell’Allegro del Concerto BWV 1042 in Mi Maggiore, l’Inno alla Gioia o l’Allegro della Sonata in Sol Maggiore K. 525 siano semplicemente insuperabili dal punto di vista musicale. Eppure tutti sappiamo che Bach è stato a lungo dimenticato, che Mozart è morto povero e Beethoven pure. Sarebbe interessante, insomma, pure un’analisi della ricezione musicale dal punto di vinta storico e sociale. Nel frattempo, a chi crea musica e a chi la produce non resta che lavorare tanto. Le hits potenziali sono davvero tante e che quelle reali di solito restano un sogno.
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